Tagli alla sanità, medici distratti, pazienti demotivati, 112 miliardi e 578 milioni, dei quali 108,600 già ripartiti tra le regioni
Questa è la cifra del finanziamento previsto per il SSN per l’anno in corso (la soglia più bassa tra i paesi del G7), 422.000 euro in meno rispetto a quello votato dal Parlamento e ben lontano dalla cifra di 115,440 miliardi di cui si parlava a settembre dello scorso anno come previsione di spesa sanitaria, ritoccata al rialzo rispetto al DEF di aprile 2016, all’evidenza di una stima di crescita dell’1,5% annuo nel triennio 2017-2019.
Un gioco al ribasso, in direzione nettamente opposta alle crescenti esigenze del Paese, del progresso e dei cittadini italiani. Un gioco fatto di annunci e proclami che prospettano soluzioni e strategie finalizzate al benessere umano e sociale, che poi invece deludono nella realtà dei fatti, presentandosi con risultati abbozzati o monchi, mai evidenziati e anzi mimetizzati tra le notizie meno importanti.
Un gioco che non piace neanche alle categorie mediche, veterinarie, sanitarie, che in un comunicato stampa intersindacale accusano questo ennesimo taglio lineare di peggiorare una situazione già ai limiti, in cui le Regioni presenteranno il conto a malati e cittadini in primis, con una nuova edizione di tagli, tasse e ticket, ma anche ai medici e ai dirigenti sanitari dipendenti, costretti in modelli organizzativi illegittimi e destinatari di un rinnovato attacco al loro CCNL.
In questo quadro di dolorosi tagli e di divergenti propositi, ci accorgiamo di altre cifre e altre stime che, a quanto pare, restano fuori dalla considerazione delle esigenze dei pazienti (che forse dovremmo chiamare semplicemente clienti o più causticamente cavie).
Infatti, una recente indagine civica(1) sull’esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie ha evidenziato che una buona parte dei malati risulta sempre più demotivata a causa del rapporto quasi inesistente col proprio medico (sul campione di 816 medici, un terzo ha dichiarato di non aver tempo sufficiente da dedicare ai pazienti per assicurare l’aderenza alle terapie), nonché per i costi delle terapie e delle cure, scelte quasi sempre dal medico non per motivi clinici, bensì per contribuire alla sostenibilità del sistema (39%) oppure per rispettare i limiti di budget imposti dall’azienda sanitaria (35%).
In tutto ciò, il malato resta una figura marginale, quasi un “pretesto” per condurre studi, inventare e comporre farmaci, dedurre conseguenze e avviare nuove proficue ricerche per far funzionare un’enorme macchina sanitaria ormai estranea all’umanità del paziente e del tutto separata dalle sue concrete necessità fisiche, psicologiche, sociali, materiali.
Da qui nasce il diffuso senso di abbandono vissuto dal malato e dalla famiglia dello stesso. È lontanissima dalla realtà quella felice idea di un medico di base che accoglie il paziente nella sua totalità di individuo, che dedica tempo e attenzione, che personalizza una terapia in piena autonomia e ne verifica il successo, agendo indipendentemente dalle indicazioni suggerite dalla ASL di riferimento.
Ci sono poche eccezioni, è vero, ma restano eccezioni. Ci sono medici che hanno dimenticato come si visita un paziente poiché, avviluppati in una rete di regole e burocrazia, non riescono più a staccare gli occhi dal monitor per accorgersi che la persona di fronte non ha voglia di curarsi, non crede più nella medicina, è diventata fatalista e cinica, è depressa.
Medici che non chiedono al paziente se è in grado di seguire la terapia prescritta, se vive da solo, se può rivolgersi a qualcuno per le iniezioni, se ha la possibilità economica di pagare un infermiere (il 10% degli italiani rinuncia alle cure per i costi, oltre che per le esasperanti liste di attesa). Medici che non si accorgono che quella persona di fronte, al di là della scrivania, ripone tutte le speranze nella sua conoscenza e bravura, ignara del fatto che spesso il medico non ha più il tempo di aggiornarsi con passione, dovendo schivare con cura il rischio di sbagliare un’abbreviazione, di prescrivere una compressa in più del limite previsto, di non contenere la spesa sanitaria.
Se la malattia è sempre stata una paura, in questi nostri tempi poco moderni diventa così una condanna; è la soglia che, una volta attraversata, trasformerà per sempre un uomo in un paziente, in un problema, in un costo, in un dato, in un peso agli occhi della società in corsa, in un rischio per il medico, in una risorsa per il business delle case farmaceutiche, in una noia mortale per chi vive da sano al 100%.
Beati loro, i sani, e beata la loro ignoranza: non sapranno mai che cosa significa l’acronimo LEA e quindi non si chiederanno mai se questi recenti ulteriori tagli alla sanità limiteranno in quantità e qualità i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza danneggiando tutti coloro che ne attendono ancora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e quindi, prima o poi, l’attuazione dopo ben 15 anni di attesa. 15 anni sono già troppi per uno Stato che, nonostante i tentativi, non sa stare al passo coi tempi, ma corrispondono a un’eternità per chi deve aspettare non potendosi permettere cure private, o esami diagnostici fuori sede, o protesi o strumenti utili alla vita sociale e lavorativa di una persona con disabilità, o ancora gli strumenti indispensabili per agevolare la vita di un disabile grave o gravissimo e di chi vive con lui e lo assiste.
In questo scenario in bianco e nero, appare anacronistico e surreale auspicare un cambio di rotta in direzione di un orizzonte più umano e più accessibile in tutti i sensi, ma se ci stancassimo di sperare, di chiedere ed insistere, probabilmente sarebbe una resa e questo non accadrà mai. Ci chiediamo perché sia così facile dire “ce lo chiede l’Europa” quando si tratta di sacrifici economici e sia invece una frase impronunciabile quando si tratta dei diritti umani degli italiani. La risposta è nella vita che conduciamo, ma la domanda va rivolta a chi della vita “normale” poco sa e nulla vuol imparare, né tantomeno vedere, dall’alto delle proprie incrollabili sicurezze.
Marilena Aiello
Note:
(1) ”Indagine civica sull’esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie, con focus su farmaci biologici e biosimilari” Indagine condotta da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. 23 febbraio 2017 Roma, Albergo del Senato, Piazza della Rotonda 73.
Fonti, per chi vuole approfondire:
http://www.healthdesk.it/sanit/vincoli-economici-poco-tempo-medici-demotivano-malati
http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=43414
http://www.camera.it/leg17/465?tema=il_fabbisogno_sanitario
https://www.federfarma.it/Edicola/Ultime-notizie/25-02-2017-07-39-59.aspx
https://www.federfarma.it/Edicola/Ultime-notizie/24-02-2017-07-30-41.aspx
https://www.federfarma.it/Edicola/Ultime-notizie/09-04-2016-07-33-50.aspx
Comunicato stampa Intersindacale medica, veterinaria, sanitaria:
http://www.anaao.it/contenuto.php?categoria=47&gruppo=6&contenuto_id=19669