Quanta influenza hanno avuto le nostre scelte sulla nostra vita, dopo aver vinto la lotteria che elargisce succulenti premi a circa 3400 fortunati ogni anno?
Bella domanda.
Voglio sottolineare che questa domanda la faccio a chiunque dei vincitori a prescindere dai premi che loro hanno ottenuto.
Facciamo un passo indietro
Prima del fatidico momento, eravamo tutti presi nella realizzazione del nostro progetto di vita: chi era preso dal farsi una splendente carriera, chi una famiglia, chi una casa, chi a rincorrere l’occasione della sua vita.
Tutti avevamo un posto attivo nel puzzle della nostra esistenza.
Poi?
Poi è arrivata lei, la nostra maledizione, che ha scompaginato tutti i nostri quadri, fatti ed in esecuzione, lasciandoci lo spazio in basso a destra solo per metterci il nostro nome, come se fossimo gli autori di quell’obbrobrio. Ma non è il nostro quadro.
Prima di quel momento eravamo noi gli attori principali, gli artisti di noi stessi, dopo di che…ci hanno tolto il diritto di dipingere, ma ci hanno lasciato il dovere di sentirci in colpa per quello che siamo e che facciamo… o non facciamo.
Chi si è sostituito a noi, chi ha deciso di fare il nostro imbianchino, pensando di essere il nostro Michelangelo?
Chi ci sta di fianco, chi vive con noi: madri, padri, figli, mariti, mogli.
Da quel momento nessuno ci ha chiesto: come stai? Posso fare qualcosa per te?
Sono tutti attorno a noi per darci consigli “disinteressati” che, senza il nostro parere, diventano come per incanto realtà, anche se a noi da fastidio e non ci piace. Tutto d’un tratto tutti hanno la soluzione in tasca, bella, preconfezionata, intelligentissima che risolve i nostri problemi…o i loro. E tutto senza chiederti: “Tu che ne pensi?”
Ci hanno espropriato di una sfera per noi vitale: la sfera decisionale. Siamo o no, ancora in grado di decidere per noi, in assoluta autonomia?
A quanto pare no, visto che in tanti ci troviamo davanti tutta la tavola imbandita di cibi che non abbiamo mai ordinato, che non ci piacciono, ma che dobbiamo per forza mangiare.
C’è poi chi dà per scontato che le cose vanno fatte a prescindere se le possiamo fare o no, perché c’è la mente superiore che ha deciso per noi e per le nostre deficienze. Il tutto, anche questo, per forza.
Per forza?
Si per forza, altrimenti partono le solite lagne del tipo “non apprezzi mai quanto faccio ed ho fatto per te”, oppure la bellissima e toccante “ho sacrificato tutto per te, non ti ho fatto mai mancare nulla e tu mi ringrazi con questa moneta”, od ancora la più bella di tutte, ovverosia “non meriti tutto quello che faccio per te”
…e qui nascono i sensi di colpa, la frustrazione, il senso di inutilità.
E tutto questo perché nessuno fa una domanda molta semplice, ma molta profonda, che solo chi ti vuole veramente bene, chi ti ama ti fa: “come stai?”
Pessimista? No, realista. Non dimenticate che chi vi scrive certe situazioni le ha vissute e le vive.
Perché queste riflessioni?
Perché sono certo che nessuno vuole farsi certe domande, rendersi conto di vivere certe situazioni. Nessuno ha il coraggio di confessare, soprattutto a sé stesso, che ormai è passato il tempo di guardarsi allo specchio piangendosi addosso. Lo so, è più comodo, ma molto più dannoso, così come è distruttivo crearsi un mondo parallelo, virtuale, di pura fantasia. Sono tutte situazioni che, a lungo andare, bloccano, immobilizzano, soprattutto psicologicamente.
Allora, cosa dobbiamo fare?
Non ho soluzioni pronte in tasca, ma sento di poter dire una cosa molto importante.
Riprendiamoci il diritto sacrosanto, il piacere di scegliere e decidere per noi, di dire NO, se necessario, a chiunque. Non facciamoci azzerare da chi ha tutto l’interesse a farlo, anche se una buona parte lo fa in maniera del tutto inconsapevole, ma soprattutto in buona fede. Riprendiamo ad essere persone con la spina dorsale; non facciamoci caricare sui camion del qualunquismo pensando di aiutare chi ci vuole deportare al massacro psicologico.
Svegliamoci, dalle Alpi alla Sicilia.
Riprendere in mano la propria vita non ci priverà degli affetti più belli e più sinceri.
Chi ci vuol bene ce ne vorrà sempre e comunque.
Mario Fantasia