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In una realtà di barriere : essere disabili

In una realtà di barriere : essere disabili

Uno dei problemi che una persona con disabilità, ancora nel 2024, si trova ad affrontare sono le barriere architettoniche e mentali/sociali.

Le prime sono regolate dalla legge 13/89.

Le barriere architettoniche rappresentano ostacoli fisici che limitano l’accessibilità e la mobilità delle persone con disabilità o con difficoltà motorie. Tali barriere possono includere scalini, rampe non conformi, ascensori inadeguati, porte strette, mancanza di segnaletica tattile e altri elementi che impediscono alle persone di muoversi in modo autonomo e sicuro negli spazi pubblici e privati.

https://www.konemotus.it/blog/normativa-disabili-barriere-architettoniche/

Ma la cosa più aberrante è che i comuni d’Italia, hanno un regolamento per l’urbanistica prevede che: l’esclusione all’abbattimento delle barriere architettoniche degli esercizi commerciali che hanno avuto la concessione prima della Legge 13/89.

Buona cosa sarebbero scivoli mobili e altre soluzioni.

Sicuramente abbattere le barriere architettoniche non basta, è necessario costruire nuove occasioni per combattere l’isolamento sociale.

La barriere sociali sono tutti i pregiudizi ed i luoghi comuni che ancora insistono sui disabili. Vige la necessità di far comprendere le difficoltà quotidiane dei disabili, non solamente nei piccoli gesti quotidiani, ma anche nello stringere amicizie e rapporti.

Fin da bambino, il soggetto con disabilità si trova a dover affrontare la difficoltà di instaurare relazioni distese e naturali, avvertendo principalmente le differenze con gli altri: a causa della sua menomazione, gli viene spesso preclusa la possibilità di avere rapporti armoniosi e privi di pregiudizio.
Inoltre, le influenze ambientali e culturali sono spesso così pressanti da condizionare lo sviluppo fisico e mentale del disabile, nonché la sua capacità di relazionarsi.

La disabilità, del resto, è un’innegabile condizione di svantaggio, che rende più difficoltosa la vita quotidiana e l’acquisizione di un ruolo nella società.

Per cercare di superare questa “impasse”, agevolando i rapporti interpersonali con tutti i componenti della società, quindi anche con le persone disabili, bisogna costruire un ambiente nel quale tutti siano in grado di accettare tutti.

Dimenticando la distinzione basata sulle capacità fisiche e sulle abilità che qualificano come normodotati coloro che hanno avuto la fortuna di non dover sopportare una disabilità per la vita, si entra nell’ordine di idee che ci sono le “persone”, con i loro momenti di gioia e di dolore, con le loro diversità e peculiarità, accomunate da quello strano percorso a ostacoli, più o meno alti, che è la vita. (https://www.onetoscanamontascale.com/blog/88-disabilita-oggi-abbattere-le-barriere-invisibili)

La verità è che viviamo in una società malata di abilismo, nella società dell’immagine e del consumo dove il culto del corpo ha investito l’immaginario collettivo con il modello di essere umano tipo, bello e ricco, cui tutti devono omologarsi per essere accettati, il diversabile che non vi si può conformare o lo si compatisce o lo si nasconde. Il vero dramma è il fantasma che tale condizione genera nel vissuto e nella mente di chi disabile non è.

io donna disabile di 41 anni esco con gli amici e posto le foto sui social vuol dire che io li pago per farmi uscire… Poi vabbè una relazione manco a dirlo perché si verrebbe addirittura presi in giro. Leggendo l’intervista di Manuela Migliaccio di qualche settimana fa, notiamo che è un problema di ogni parte d’Italia. Riflessione per capire meglio: tracciano una piramide al cui vertice troviamo le barriere culturali, seguite da quelle sociali (quasi tutte causa ed effetto delle prime). I loro effetti producono le barriere psicologiche che sono poi alla base dei danni psicologici sugli individui in difficoltà, aggiungono problemi su problemi, creando quadri clinici pesanti e gravosi, sia per il soggetto che per l’intera società, la quale dovrà sostenere costi ben più alti rispetto alla sola prevenzione.

Infatti: emarginazione, disoccupazione, solitudine, abbassano il livello di autostima, si produce una crisi identitaria che sviluppa passività. Il soggetto è più esposto a contrarre qualsiasi altra malattia, in quanto il quadro immunitario si può abbassare; questo si verifica sul piano clinico, mentre sul piano comportamentale il soggetto non si fa avanti, delega, non riesce a costruire, peggiora. Non produce lavora e regredisce colpevolizzando involontariamente gli altri e coinvolgendo il nucleo familiare; si producono così barriere psicologiche a catena.

Ciò che la nostra società contemporanea non è ancora in grado di comprendere è che per una persona con disabilità, come me, non è mai il problema il proprio limite fisico che è vissuto come svantaggio. Però diventa uno svantaggio in questa società non proprio preparata e che ha paura della diversità.

Viviana Giglia

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