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Intervista a Manuela Migliaccio

Let’s talk about

Ciao Manuela, grazie mille per aver accettato la mia richiesta di poterti intervistare per NWC.

Noi ci conosciamo da anni ma, anche se fisicamente lontane, ci siamo sempre seguite e supportate a vicenda.

Io adesso curo la mia rubrica “pensieri in libertà” su NWC. In questo momento mi sto occupando di un inchiesta sul significato di essere disabili e tutte le barriere sia mentali che anchitettoniche che questa società ci impone. Come ho già detto ti ho sempre seguita: sport, sfilate…  ssoprattutto interviste su un tema tabù: “sessualità e disabilità”.

La verità è che noi siamo DISABILI persone come tutti e, soprattutto direi proprio, che non siamo ESSERI ASESSUATI.

1- ti va di parlare un pò di te:

non avrei mai pensato di poter vivere una vita a quattro ruote e soprattutto non avrei mai pensato che la mia vita potesse migliorare… e invece così è stato.

mi chiamo Manuela Migliaccio ho 39 anni e sono un veterinario, nel 2009 mentre ero in vacanza in Grecia con un’amica sono caduta per 10 metri da un muretto, fortunatamente e ripeto fortunatamente mi sono solo spezzata la schiena, ho perso immediatamente l’uso delle gambe ma sono sopravvissuta, e questa è l’unica cosa che riesco a pensare quando mi chiedono del mio incidente, sono una sopravvissuta.

Da agosto 2009 sono paraplegica e uso una carrozzina per muovermi e per vivere.

Da quando sono seduta le mie priorità sono cambiate, e credo, anzi sono sicura di essere diventata una persona migliore, sono diventata meno superficiale  e ho capito quali erano le cose a cui dovevo dare realmente importanza.

ho avuto la fortuna di vivere una seconda vita che è stata ed è ancora molto più intensa e vera di quella che avevo prima.

Ad agosto 2024 saranno 15 anni di carrozzina e credemi che non li cambierei con nulla al mondo. Ho fatto esperienze che mai avrei creduto possibili, ho sfilato alla Fashion week di new York insieme a modelle professioniste, ho fatto un record mondiale di camminata con Rewalk, ho passato mesi in ospedali che mi sono sembrati villaggi vacanze, ho incontrato persone e instauirato rapporti talmente profondi e non credo che tutto ciò sarebbe stato possibile se fossi stata in piedi.

Posso definirmi una donna realizzata, felice e soddisfatta di quello che sono, e se mi guardo indietro non cambierei una virgola, tuttò ciò che ho passato, nel bene e nel male mi ha portato alla donna che sono adesso, di cui sono estremamente fiera.

2-Parlaci del progetto:

A maggio 2020 ho ricevuto un messagio su FB da una ragazza che aveva visto delle mie interviste e mi proponeva di vederci per raccontarle la mia storia, lei stava finendo la scuola di cinema e come progetto finale doveva scrivere un soggetto che parlasse di una storia d’amore. Voleva raccontare qualcosa di diverso e non la classica  storia d’amore cinematografica.. così è iniziata la storia di Let’s talk about sex.

in realtà all’inizio il progetto era diverso e sarebbe dovuto finire su netflix, poi però è arrivato il covid e tutto si è fermato, o in questo caso tutto è cambiato.

Io e Olga Sargenti  abbiamo continuato a sentirci e pian piano raccontandole la mia vita è nata un’amicizia. nel frattempo lei ha finito la scuola e insieme ad altre persone hanno aperto una casa di produzione indipendente: Sette e mezzo Studio, così ho conosciuto Franceso Rubattu  e Roberta Palmieri, i due registi del documentario. Sono passati anni, 4 per la precisione, in cui sono intercorse telefonate chilometriche e videochiamate che sembravano più delle  sedute di psicologia,  in cui mi chiedevano di sviscerare qualsiasi mio pensiero o sentimento, relativo alla sfera intima e sessuale, alla disabilità, a come vivevo l’amore, al mio rapporto con gli uomini e a come gli uomini mi vedevano e si rapportavano alla mia carrozzina..   mi sono talmente abituata alla lora presenza silenziosa nella mia vita che ogni volta che mi succedeva qualcosa di bello o di brutto il mio primo pensiero era che dovevo raccontarlo ai ragazzi.

piano piano il progetto ha preso forma ed è diventato un documentario sulla mia vita in cui tramite i mie racconti e le mie esperienze si spazia su diversi temi inerenti alla disabilità, dalla barriere architettoniche a quelle mentali, alle diffcoltà che ho avuto per tornare a studiare in carrozzina, a quella volta che i carabinieri mi hanno fermato in macchina e non credevano che la disabile fossi io perchè una donna così bella non può essere disabile, al rapporto con il sesso, alla scoperta dei… insomma tutto.

Cerchiamo di raccontare la vita quotidiana di una donna disabile senza farne un’eroina e senza abilismo e pietismi a cui siamo davvero troppo abituati.

O sex racconta la vita di una giovane donna che ha dovuto affrontare la disabilità in una società che  ancora non accetta nessuna forma di diversità.. mentre noi costruiamo un film per sfatare tabù nel 2024 vengono proposte classi speciali per disabili quindi si intende la necessità di raccontare quanto un disabile sia una persona perfettamente uguale ad un normodotato con gli stessi desideri e le stessa voglia di vivere una vita piena!

Affrontiamo il tema dei devotee, il tema della sessualità e inoltre  cerchiamo di portare alla luce un argomento poco trattato, la percentuale molta più alta di violenze sessuali che subiscono le donne disabili, e che al giorno d’oggi la maggior parte di questi approcci nasce sul web.

Questo progetto per me significa davvero molto e spero che il prodotto finito renda l’idea che avevamo in mente.

3- Come la pensi e vivi la tua vita da donna con disabilità nella  nostra società contemporanea  malata e stereotipata?

  Purtroppo o per fotuna sono donna.

in questa società malata e violenta  essere donna è un problema, quella sensazione di paura quando camminni per strada da sola, il terrore quando incontri qualcuno, abbassi lo sguardo d’istinto e allunghi il passo sperando che quell’uomo che hai incontrato per la tua strada non decida di seguirti e di farti del male, quella sensazione di dover stare sempre in guardia, quella sensazione di dover sempre dimostare che quello che ti sei conquistata sul lavoro o altro non sia dovuto al fatto che hai aperto le gambe o al fatto che sei bionda o bella ma alle tue capacità o ai tuoi talenti, quel doverti sempre giustificare di non essere abbastanza.

da donna con disabilità tutto questo si è amplificato, quella sensazione di non poter neanche scappare e correre se qualcuno dovesse avere delle brutte intenzioni, i mille “signorina ma non c’è un dottore” che mi dicono al lavoro, perchè ovvio, donna e in carrozzina, solo la segretaria posso essere.

ho dovuto faticare molto più dei mie colleghi maschi e anche di più delle mie colleghe donne per affermare la mia professionalità e purtroppo ci sono ancora persone che mi guardano come se  il posto di lavoro non me lo fossi meritato con anni di studio master e specializzazioni ma solo perche sono seduta e allora mi hanno dovuto mettere da una parte.

Da donna che prima camminava e che poi si è dovuta sedere ho dovuto affrontare un cambiamento enorme nel rapporto con gli uomini. devi prima fargli capire che non sei un essere asessuato, poi devi fargli capire che non hai bisogno di un badante e che non cerchi qualcuno che ti pulisca il culo  ma un compagno di vita e poi forse puoi iniziare una conoscenza .. ma a quel punto forse hai fatto talmente tanta fatica che ti è passata anche la voglia di conoscere qualcuno. anche perchè ogni volta devi ricominciare daccapo. e questo è colpa della società ignorante per cui una donna in carrozzina può stare solo a casa con la copertina a quadri sulle gambe davanti alla televisione.

Poi ho la  fortuna di essere una donna forte e ho fatto della mi disabilità un punto di forza, anche se anche questo non va bene , perchè in questa società completamante sbagliata se sei una donna con i coglioni non va bene perchè la frase che mi sento dire più spesso è ” tu per me sei troppo” “non riesco a stare al tuo passo” insomma non va bene nulla, se sei troppo gli uomini si spaventano e le donne ti invidiano, se sei troppo poco sei la classica disabili che suscitra solo compassione e non vieni considerata come essere umano ma solo per la sua disabilità.  insomma essere donna al giorno d’oggi credo sia la cosa più doiffile del mondo ed essere disbilie poi non ne parliamo. ma io la vivo bene, nel senso per me è uno stimolo a fare sempre meglio e a dimostare a questo mondo al contrario che una donna disabile può essere una risorsa.

Questa è Manuela, conosciuta proprio durante un mio ricovero in un “villaggio vacanze”.

La verità è che conoscerla mi ha apportato veramente tanto valore e mi ha dato l’opportunità di constatare che non sono l’unica donna “carrozzata” a pensarla così soprattutto sugli uomini…

Grazie mille a Manuela Migliaccio per la sua semplicità e disponibilità, mi auguro che le sue parole siano un modo per spronare chi ci legge.

Perché la disabilità è vista come un mondo a parte, la conoscenza della diversità fa capire che la disabilità è una parte del mondo.

Viviana Giglia

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