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La lettura del lunedì – DDL Anziani

Cari amici, bentrovati in questo nuovo appuntamento con la lettura del lunedì in cui parleremo del “ddl anziani”, ossia il disegno di legge che prevede politiche in favore delle persone anziane non autosufficienti.

Lo scorso 10 ottobre è stato approvato in Consiglio dei ministri il disegno di legge proposto dall’ormai ex ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Andrea Orlando.
Il disegno di legge, predisposto da esperti della Presidenza del Consiglio, del Ministero del Lavoro e del Ministero della Salute, con la collaborazione di 52 organizzazioni no profit firmatarie del Patto sulla non autosufficienza, è stato elaborato in attuazione delle missioni 5 e 6 del PNRR in materia di assistenza agli anziani non autosufficienti.

Nella Componente 2 della Missione 5 del PNRR leggiamo:

Questa componente valorizza la dimensione “sociale” delle politiche sanitarie, urbanistiche, abitative, dei servizi per l’infanzia, per gli anziani, per i soggetti più vulnerabili, così come quelle della formazione, del lavoro, del sostegno alle famiglie, della sicurezza, della multiculturalità, dell’equità tra i generi.
Gli interventi previsti interessano le persone più fragili, nella loro dimensione individuale, familiare e sociale. Il fine è prevenire l’esclusione sociale intervenendo sui principali fattori di rischio individuale e correttivo, in coerenza con quanto già programmato nella prima componente e assicurare il recupero della massima autonomia delle persone.
In particolare, questa componente mira a intercettare e supportare situazioni di fragilità sociale ed economica, sostenere le famiglie e la genitorialità. Specifiche linee d’intervento sono dedicate alle persone con disabilità e agli anziani, a partire dai non autosufficienti.

Il documento che, dopo alcuni rinvii, è stato infine approvato è semplicemente una legge delega che si limita, quindi, ad indicare i principi e i criteri generali che il nuovo Governo dovrà seguire per formulare le riforme e renderle concrete e realizzabili.
La data limite per i decreti che dovranno attuare le riforme è il 31 marzo 2024. Una data che sappiamo bene essere piuttosto vicina, considerando i tempi noti della nostra burocrazia, in assenza di emergenza.
E sappiamo bene, purtroppo, che le esigenze delle persone anziane e delle persone non autosufficienti non hanno mai rappresentato un’emergenza per i nostri Governi.

Ma cosa prevede la legge delega, per gli amici già nota come “ddl anziani”?

Il disegno di legge mira a introdurre un “sistema organico di assistenza agli anziani non autosufficienti” che coordini i tre principali attori che attualmente operano per gli anziani: i servizi sociosanitari delle Asl, i servizi sociali dei comuni e l’Inps con le prestazioni di invalidità civile e l’indennità di accompagnamento.

Ampliando la platea dei destinatari a tutti gli anziani, cioè coloro che hanno superato il sessantacinquesimo anno d’età, il disegno di legge intende promuovere politiche pubbliche che valorizzino:

  • l’invecchiamento attivo, con la possibilità di essere inseriti in attività sociali di pubblica utilità e volontariato
  • un facile accesso ai servizi sanitari e sociali, semplificandone l’iter
  • lo sviluppo di contesti urbani e piccoli centri che prevedano abitazioni adeguate, rese accessibili con l’abbattimento delle barriere architettoniche, pur riconoscendo e affermando il diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio;
  • l’accesso alla mobilità, migliorando i servizi di trasporto destinati agli anziani
  • luoghi di socializzazione e la solidarietà tra le generazioni, sia nel contesto famigliare che nelle RSA
  • il rafforzamento dell’assistenza domiciliare, armonizzando i servizi e definendo nuove figure professionali dedicate
  • il contrasto alle forme improprie di istituzionalizzazione.

Tutto ciò potrà essere attuato successivamente all’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (CIPA), con il compito di promuovere il coordinamento e la programmazione integrata delle politiche nazionali in favore delle persone anziane, con particolare riguardo alle politiche per la presa in carico delle fragilità e della non autosufficienza.

Oltre all’istituzione del CIPA, il ddl prevede anche la creazione dei punti unici di accesso (PUA), collocati presso le Case di Comunità, ideate come «il luogo fisico, di prossimità e di facile individuazione al quale l’assistito può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria, sociosanitaria e sociale», che dovrebbero essere pronte entro il 2026, diffuse su tutto il territorio nazionale.

L’obiettivo è di assicurare alle persone anziane non autosufficienti e alle loro famiglie il supporto informativo e amministrativo per l’accesso ai servizi dello SNAA, il nuovo Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente, e lo svolgimento delle attività di screening per l’individuazione dei fabbisogni di assistenza. Saranno a tal fine previsti dei modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel settore sanitario nazionale…

Va bene, è tutto straordinario, ma adesso ci svegliamo e torniamo a guardare la realtà che ben conosciamo e che non riusciamo a far coincidere con questi fantastici progetti che, nei modi e nei tempi, sono stati ideati per un futuro che ci appare ancora lontano. Esiste un vuoto temporale tra la situazione attuale e la realizzazione di questo scenario perfetto in cui qualcuno ipotizza che essere anziani significa poter gestire la propria vita scegliendo come condurla, dove e in compagnia di chi, con una pensione d’oro.

È tutto talmente scintillante che la malattia, più o meno grave, sembra non esistere e il dolore, la solitudine, la paura dell’abbandono spariscono al cospetto di tale e tanta organizzazione: personale dedicato alla cura dell’anziano non autosufficiente e dell’ambiente in cui vive, famiglia compresa; nessuna difficoltà ad ottenere il riconoscimento delle proprie necessità; centinaia di persone che si impegnano a migliorare le condizioni di salute e di vita di ogni anziano, già disabile o prossimamente disabile.

Tutto ciò dovrebbe essere realizzato con i pochi fondi a disposizione, già praticamente impegnati per la creazione delle strutture intermediarie e non direttamente destinati al benessere delle persone che da troppo tempo attendono di vivere una vecchiaia dignitosa dopo aver lavorato per questo Paese.

I nostri anziani sono la nostra storia.

Sono le persone che hanno assicurato un futuro ai propri figli, hanno costruito molto di ciò che vediamo, le strade sulle quali camminiamo, le case che abitiamo, le scuole che abbiamo frequentato e che hanno permesso ai nostri governanti di studiare e di scrivere addirittura una legge delega per creare una riforma che, come molte altre, appare calata dall’alto nonostante la partecipazione delle associazioni che dovrebbero aver presenti i problemi veri, reali, vissuti da milioni di cittadini.

Come molte altre leggi scritte per le persone con disabilità, anche questa appare scritta da persone sane, quasi del tutto estranee al mondo della non autosufficienza, quasi del tutto estranee al mondo della povertà in cui vivono la maggior parte delle persone non autosufficienti, soprattutto se in luoghi difficilmente raggiungibili dalle politiche sociali del presente e del futuro.

Ricordiamo che in Italia gli anziani non autosufficienti sono 3,8 milioni e che già nel 2030 si prevedono numeri raddoppiati, per non parlare della prospettiva a 20 anni, in un Paese dal quale i giovani evadono e in cui le aziende chiudono.
Aggiungiamo che molte persone già disabili vivono accudite da un familiare che invecchierà con loro e che avrà probabilmente esigenze di cura simili.
Sembra che la legge delega abbia voluto concentrarsi esclusivamente sulle persone anziane non autosufficienti e non su tutte le altre persone, giovani e anche bambini, che convivono con disabilità più o meno serie che coinvolgono la famiglia e ne condizionano ogni scelta perché, attualmente, l’assistenza è teorica, ma raramente diventa pratica.
Sembra che la legge delega abbia voluto dimenticare che molte delle persone giovani attualmente disabili, assistite dai genitori, invecchieranno sole e non avranno la possibilità di scegliere per se stesse.

Proporre una riforma di tale importanza non prevedendo seriamente come e dove reperire i fondi necessari, lasciando il compito a chi dovrà attuarla, è già una colpa.
Nella legge delega si parla di razionalizzazione, rimodulazione, revisione dei criteri, sostenibilità economica, flessibilità dei servizi: tutte formule che ben conosciamo e che ci fanno temere il peggio, cioè una riduzione dei fondi a disposizione e quindi una riduzione della spesa già esigua destinata alle persone non autosufficienti di tutte le età. Nella riorganizzazione sono compresi anche gli assegni di accompagnamento e ancora una volta non si parla di un vero riconoscimento per chi assiste un familiare, se non per l’eventuale ricollocazione nel mondo del lavoro o quell’immancabile supporto psicologico che il Governo, sempre più spesso, propone come panacea di tutti i mali.

Marilena Aiello
24 10 2022

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