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la lettura del lunedì mindfulness e sclerosi multipla

La lettura del lunedì – Mindfulness e sclerosi multipla

Cari amici, bentrovati in questo nuovo appuntamento con la lettura del lunedì. Oggi introdurremo un argomento complesso e spesso assente nel contesto medico e scientifico, focalizzando la nostra attenzione su una patologia neurologica che conosciamo bene: mindfulness e sclerosi multipla.

La sclerosi multipla, come molti di voi sapranno, è una malattia cronica che colpisce il sistema nervoso centrale: cervello, midollo spinale e nervi ottici. I disturbi che causa possono essere molteplici e possono riguardare la vista, i movimenti degli arti, la sensibilità e l’equilibrio, determinando problemi di coordinamento e di movimento, affaticamento, dolore e anche difficoltà cognitive.

Qual è il punto di contatto tra la sclerosi multipla e la mindfulness?

In principio, fu la meditazione. Il ruolo della meditazione nella prevenzione di alcune patologie, sia fisiche che psichiche, o come supporto nella terapia farmacologica e aiuto nell’autoguarigione, è da sempre un argomento molto discusso in alcuni ambienti, poco considerato in altri e del tutto escluso da quelli in cui la scienza tende a considerare l’essere umano un meccanismo biologico.

Negli ultimi decenni, diversi studi empirici hanno dimostrato che la meditazione può esercitare effetti benefici dal punto di vista psichico e fisico, sia in persone affette da disturbi di varia natura, che negli individui sani. 
In particolare, alcuni studi hanno evidenziato un netto aumento delle onde cerebrali lente (le onde Theta governano la parte della nostra mente che si trova fra il conscio e l’inconscio e trattengono memorie e sensazioni) prodotte dall’attività cerebrale: ciò evidenzia un potenziale effetto di regolazione del sistema dello stress, con riduzione del cortisolo (l’ormone dello stress) e della noradrenalina.

Praticare con regolarità la meditazione può determinare anche altri effetti: aumentare nelle ore notturne il livello della melatonina (l’ormone che regola il sonno) e la produzione di serotonina (un neurotrasmettitore fondamentale per l’umore e per regolare il senso di fame e di sazietà). 
Tutto ciò genera a livello psichico un senso di rilassamento profondo che potenzia l’attenzione e consente una migliore capacità di adattamento e di gestione dello stress.

Ma qual è la differenza tra meditazione e mindfulness?

La meditazione, se intesa in senso classico, è una pratica che nasce dagli insegnamenti buddisti di circa 2600 anni fa. La mindfulness, invece, è solo una parte della meditazione buddhista tradizionale.
Mindfulness è la traduzione inglese della parola Sati dell’antica lingua Pali e significa attenzione consapevole, piena presenza

La meditazione classica ha uno stampo più religioso-spirituale, tende quindi a considerare alcuni comportamenti come non virtuosi e richiede di abbandonarli per raggiungere i propri obiettivi. Diversamente, quando si pratica la mindfulness, nessun giudizio è rivolto ai nostri pensieri.

“Porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante”

È la definizione creata dal biologo americano Jon Kabat-Zinn che, dopo aver studiato la Meditazione Vipassana in India e averne sperimentato i benefici, l’ha utilizzata nella sua Clinica in Massachussets con risultati sorprendenti sui suoi pazienti malati cronici o terminali.

Il suo metodo, che associa la meditazione all’Hatha yoga, è attualmente diffuso in tutto il mondo. Lo scopo della metodologia elaborata da Kabat-Zinn è di aiutare i pazienti a far fronte a stress, sofferenza e malattia, per mezzo della “consapevolezza del momento attuale”, basata sull’attenzione e la lucidità mentale da dedicare a sé stessi e alla propria condizione del momento presente, per viverlo pienamente e incondizionatamente per ciò che esso è realmente.

Successivamente ad una diagnosi di sclerosi multipla, i sentimenti di ansia e stress si aggiungono ai sintomi già presenti e più comuni quali fatica, astenia, dolore, formicolio, perdita di equilibrio e di sensibilità sensoriale, difficoltà cognitive.
L’insieme di queste sensazioni, fisiche e psichiche, può peggiorare la vita di una persona e indurla in uno stato depressivo che non favorisce la salute, impedisce di affrontare razionalmente la malattia e complica le relazioni interpersonali.

Per i pazienti affetti da sclerosi multipla, praticare la mindfulness significa migliorare la concentrazione, l’autoefficacia e la predisposizione ad affrontare la patologia, combattendo la sintomatologia depressiva, imparando ad accettare il presente, eliminando i pensieri ossessivi sull’imminente futuro.

Già uno studio del 2010 condotto da un gruppo di ricercatori svizzeri su 150 persone con SM recidivante-remittente e SM secondariamente progressiva fornì dati notevoli sul valore di un trattamento alternativo, come quello della meditazione, per alcuni sintomi della malattia ed evidenziò l’importanza di dover svolgere studi specifici con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita delle persone con SM.

In tempi più recenti si sono svolti alcuni studi che hanno valutato i benefici della mindfulness suddividendo in due gruppi i partecipanti selezionati. 
I gruppi che avevano seguito le lezioni di mindfulness per otto settimane, in appuntamenti settimanali, con esercizi quotidiani da ripetere a casa, hanno ottenuto miglioramenti notevoli, valutabili con tabelle di confronto compilate prima e dopo l’esperimento, su vari aspetti: fisico, psichico, cognitivo.

In molti casi, i miglioramenti sono stati mantenuti fino a sei mesi dopo la fine dell’esperimento, in alcuni casi fino ad un anno. Diversamente, i risultati dei gruppi che avevano continuato semplicemente le terapie previste, non hanno rilevato alcun beneficio nei disturbi di ansia, stress, affaticamento.

In particolare, tra i fattori che possono peggiorare i sintomi della malattia è riconosciuto lo stress. La gestione dello stress può aiutare a mantenere stazionaria la situazione diagnostica del paziente e ridurre il rischio che la malattia si diffonda ad altre regioni del cervello.
Questa ricerca del 2018 ha dimostrato che il programma MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction) può essere seguito da pazienti con sclerosi multipla con miglioramenti nelle seguenti aree: stress percepito, benessere emotivo, ansia, depressione, affaticamento, resilienza e abilità nel sommare numeri in serie immediatamente dopo l’intervento. Molti di questi risultati sono rimasti stabili nell’anno successivo.

Analizzando i risultati positivi di un altro studio del 2018 firmato FISM (Fondazione dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla) si è cercato di capire come proporre la mindfulness ai pazienti per allargare la platea dei destinatari di questa pratica. La mindfulness è stata quindi testata con un approccio di telemedicina, paragonando alcuni video caricati su una piattaforma online con video informativi spiegati da una guida per la gestione dello stress. È stato osservato che alcuni benefici si hanno anche da remoto: la qualità di vita è migliorata nel gruppo sperimentale, e al tempo stesso sono diminuiti i sintomi legati all’ansia e alla depressione.

Un altro studio del 2020 ha evidenziato che l’allenamento alla consapevolezza può aiutare i pazienti con sclerosi multipla sia a regolare le emozioni negative che a migliorare la velocità di elaborazione, una funzione cognitiva che spesso tende a diminuire nei pazienti con SM. 
La velocità di elaborazione è il tempo che viene impiegato per completare le attività mentali, ed è correlato alla capacità di comprendere e di reagire alle informazioni che si ricevono.

Le persone con sclerosi multipla che si sono sottoposte al training di mindfulness di quattro settimane non solo sono migliorate di più rispetto a quelle che non lo hanno fatto, ma sono anche migliorate rispetto a coloro che hanno provato un altro trattamento, chiamato training cognitivo adattivo.

Sembra che sia una strada percorribile per tutti, con ostacoli superabili e senza apparenti barriere, tranne le solite: quelle ideologiche. Ci chiediamo dunque perché i centri per la sclerosi multipla, diffusi su tutto il territorio nazionale, non informino tutti i pazienti, neodiagnosticati e non, con opuscoli o semplici messaggi dell’esistenza di questi percorsi alternativi e complementari per cercare, e raggiungere quando possibile, un benessere che possa alleviare alcuni sintomi e rendere la vita di un paziente con sclerosi multipla più sopportabile.

Sicuramente è difficile organizzare corsi di mindfulness per migliaia di pazienti, sicuramente non parteciperebbero tutti, ma probabilmente la risposta sarebbe più positiva e più ampia di qualsiasi previsione. 
Sarebbe anche un’educazione a ritagliare tempo per se stessi in una nuova consapevolezza delle proprie capacità e nell’accettazione delle nuove difficoltà, da condividere con i familiari e con chi assiste un paziente con sclerosi multipla con disabilità conclamata.

Negli ultimi due anni l’attenzione di tutto il mondo medico e scientifico è stata sequestrata dalla pandemia e da tutto ciò che la riguarda. Speriamo che si possa presto tornare a considerare ogni patologia per quella che è, lieve o grave, curabile o cronica, offrendo cure personalizzate ad ogni paziente, riconoscendolo tale nella sua unicità, e destinando la dovuta attenzione ai sintomi della malattia che condizionano di più la vita privata e sociale. 

Marilena Aiello
28-11-2022

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