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La lettura del lunedì – Vita Indipendente

Cari amici, bentrovati in questo nuovo appuntamento con la lettura del lunedì, oggi dedicata ad un argomento del quale molti di voi avranno sentito parlare: Vita indipendente.

Un progetto di Vita Indipendente prevede una serie di misure pensate per favorire la vita il più possibile indipendente delle persone con disabilità.
Queste misure sono predisposte dalle regioni e dai comuni per incoraggiare, facilitare e sostenere l’autodeterminazione delle persone con disabilità cognitive e motorie anche gravi, agevolando il più possibile la permanenza in casa anziché il trasferimento in strutture istituzionalizzate.

Abbiamo scritto “sentito parlare” perché è l’espressione giusta e nel corso della lettura scopriremo il perché.

Immaginiamo la storia di una persona nella quale molti di noi possono identificarsi: un uomo di circa 30 anni, che sta terminando una specializzazione o con un lavoro già avviato, con un progetto di vita personale che prevede una famiglia o forse una vita da single, che ha la possibilità di scegliere la città dove vivere, forse all’estero o forse nel paese natio, in una casa che sembra perfetta perché chi è giovane e in salute non vede barriere architettoniche di alcun genere, che siano sette piani di scale anguste o bagni e docce per equilibristi.

Improvvisamente, questa persona cade. Non stava bene da qualche giorno, forse lo stress, forse uno stato influenzale. Qualche giorno dopo, però, si accorge di essere diventato inaspettatamente impacciato: urta il muro mentre cammina, il telefono gli scivola più volte dalla mano, si guarda allo specchio e si vede strano. Chiede un appuntamento al suo medico che gli prescrive alcune visite specialistiche e vari esami strumentali. Passano le settimane e arriva la diagnosi: malattia neurodegenerativa.

Dopo i primi periodi di sconforto, le domande esistenziali, la voglia di sprofondare, giunge il momento di scegliere se subire la malattia e tutto ciò che essa comporta, lasciandosi prendere per mano da ogni paura e accettando in modo remissivo ogni conseguenza nota e ignota, oppure reagire e rivoluzionare il proprio modo di vivere, riconsiderando ogni progetto personale e quindi l’intera vita: studio, lavoro, famiglia, divertimenti, viaggi, abitazione, amici, partner.
L’inizio è un tuffo nel vuoto per tutti, sia per chi vive solo, sia per chi vive con la famiglia d’origine o col coniuge e i figli, di qualsiasi età.

Ma il nostro eroe, l’uomo di 30 anni, da sempre brillante e vivace, coraggioso e intraprendente, non si perde d’animo e inizia a studiare.
Studia non soltanto se stesso e la propria patologia per capire a cosa va incontro, contro quale mostro deve combattere, ma anche tutte le leggi ideate ed approvate a favore delle “persone con disabilità” delle quali, d’ora in poi, farà parte. Un mondo da scoprire, di cui avrebbe volentieri fatto a meno, ma che dovrà accettare se vorrà mettere alla prova l’uomo “diverso” che è diventato e le sue nuove capacità.

Nella ricerca dei diritti, delle leggi e delle agevolazioni, resta stupito dell’incredibile mole di documenti esistenti e reperibili sul web.
Sembra proprio che esistano leggi per ogni persona, come se centinaia di individui negli ultimi decenni avessero lavorato assiduamente tenendo presenti le esigenze delle persone con disabilità, prima di ogni altra urgenza, per rendere la vita dei meno fortunati degna di essere vissuta e per sostenere le famiglie nel gravoso compito dell’assistenza, sia dal punto di vista morale, che sociale ed economico.

Si entusiasma quando si imbatte nella voce “Vita Indipendente”. Perfetto!
È esattamente ciò che sperava di trovare e quasi non crede alla possibilità concreta e reale di riuscire, in futuro, a mantenere una propria indipendenza, anche quando sarà obbligato ad un aiuto permanente e ad un’assistenza continua da parte di chi dovrà sostituirsi a lui per tutte le attività che non potrà più svolgere in prima persona, come guidare, fare la spesa, cucinare e (ne è consapevole) persino mangiare, bere, lavarsi, vestirsi.
Sarà bene iniziare presto, per allenarsi alla nuova realtà, per scegliere ed istruire chi vorrà diventare il suo assistente personale. Il tempo vola!

“La malattia sarà pure una disgrazia, ma almeno non sarò povero e solo!”

È stato questo il pensiero che ha permesso al nostro eroe di sentirsi sollevato e rincuorato. La sola idea di dover coinvolgere i propri genitori, ormai avanti con l’età e così addolorati per la sua malattia, o la sorella e il fratello, nella sua nuova vita al punto di doverli privare del loro tempo, lo faceva sentire già un peso. Senza nascondere a se stesso che non voleva rinunciare ai suoi spazi personali, alla possibilità di frequentare gli amici e, magari, chissà, una ragazza che avrebbe voluto condividere con lui un poco del suo tempo o forse anche più di qualche ora e qualche giorno. Con la famiglia tra i piedi non si può fare tutto ciò che si vuole e si deve andare d’accordo a tutti i costi, tutti i giorni.

L’idea di questo progetto di Vita Indipendente, di cui parla l’articolo 19 della Convenzione ONU, gli piaceva sempre di più: avrebbe potuto non soltanto vivere in un alloggio idoneo alle sue nuove esigenze, ma avrebbe potuto anche lavorare, con gli ausili adatti, e non diventare un parassita della società, come aveva sempre ritenuto tutti coloro che vivevano non contribuendo in alcun modo, ma approfittando di ogni aiuto disponibile.
Continuava a immaginare che tipo di lavoro avrebbe potuto svolgere o che tipo di attività avrebbe potuto avviare, considerando ogni difficoltà da superare, ma puntando sulle agevolazioni promesse nelle innumerevoli leggi regionali, nazionali, europee che aveva consultato.

C’era però un pensiero ricorrente, un dubbio: perché tutte le persone che aveva incontrato nel suo percorso diagnostico e poi terapeutico, non gli avevano mai parlato di questa soluzione? Ma, soprattutto, perché nessuno dei pazienti che aveva conosciuto, ammalati ormai da anni, aveva scelto la Vita Indipendente, preferendo invece restare in famiglia?
Evidentemente stavano tutti bene così, nessuno di essi aveva mai provato l’esigenza di vivere una vita libera, nonostante la malattia. Nessuno aveva voluto sfidare le proprie diverse abilità rischiando in prima persona.

Bene, ormai era pronto. Aveva imparato a gestire i sintomi della malattia, la paura era sotto controllo, l’entusiasmo non mancava, l’appoggio della sua famiglia era garantito, aveva tutte le informazioni necessarie: poteva iniziare il percorso per la richiesta e, ne era sicuro, l’approvazione del suo progetto di vita indipendente!

Ed ecco che arriva la prima doccia fredda: la sua regione di residenza non ha pubblicato alcun bando per i progetti di vita indipendente, sembra quasi che nessuno ne sia informato. Come è possibile? Cerca quindi i bandi pubblicati in altre regioni, (forse essere disabili altrove è permesso, è legale) e si accorge che sono quasi tutti scaduti, come se il problema fosse stato risolto o archiviato per sempre, o ridotti a semplici richieste di qualche ora di aiuto domestico, a causa di risorse economiche perennemente insufficienti.
Ovunque si fa riferimento alle leggi che già conosce, alle indicazioni della UE in riferimento alla famosa Convenzione ONU, ma di concreto c’è nulla.

Si accorge inoltre di quali e quante caratteristiche sono richieste per accedere a questi progetti. Ne possiede alcune, per altre dovrà provvedere e ciò richiederà tempo: la burocrazia italiana è un labirinto in cui si sa quando si entra e non si sa quando se ne uscirà e in quale dimensione spaziotemporale ci si troverà. Non si perde d’animo, ancora.

Si stupisce che in alcuni moduli di domanda per accedere ai progetti, si debba rispondere a domande che gli appaiono troppo specifiche: oltre alla durata del progetto (da 6 mesi a 12 mesi…disabilità a tempo?) si chiede il numero degli assistenti (va bene, è comprensibile) e quante ore devono prestare servizio; si chiede la spesa prevista per l’eventuale affitto di una casa idonea, per i materiali di consumo, per le utenze. Come si fa a prevedere tutto questo nel dettaglio? Ma soprattutto, come si fa a sapere prima quali e quante esigenze insorgeranno con una malattia imprevedibile?
L’impressione che si riceve è quella di un controllo maniacale, imposto dall’alto, sulla vita di chi spera di autodeterminarsi, sulla vita di chi cerca di preservare un potere decisionale sulle proprie scelte, sulle proprie azioni, sulle proprie giornate. Più che speranza, dovremmo però parlare di illusione.

Forse sarà per tutti questi motivi che le persone con patologie simili alla sua che aveva conosciuto avevano optato per restare in famiglia: non avevano potuto fare diversamente.
L’idea di dover chiedere ai suoi genitori di assisterlo anche nei suoi bisogni più intimi, lo sconvolgeva. Sarebbe stata una rinuncia obbligatoria alla sua autonomia, alla sua indipendenza, alla sua privacy.
Tutto ciò che aveva letto, tutte le fantasmagoriche iniziative per rendere i disabili individui liberi di vivere ed esprimere la propria personalità studiando, lavorando, convivendo, viaggiando, gli sembravano adesso un colossale inganno.
La frustrazione prende il posto dell’entusiasmo, ma ancora non demorde. Non può cedere senza lottare e c’è da lottare anche per tutti coloro che non hanno la sua caparbietà e che hanno dovuto arrendersi, rinunciando al sogno di essere se stessi nonostante ogni malattia, nonostante ogni disabilità.

Ecco spiegato il motivo per cui molti di noi hanno “sentito parlare” dei progetti di vita indipendente, ma non conoscono persone che sono riuscite a realizzare il proprio progetto così come viene promesso dalle leggi vigenti.
Un progetto che non sia a tempo né a scadenza, che accompagni la persona con disabilità lungo l’arco della sua vita, adattandosi alle sue esigenze e permettendogli quell’autodeterminazione che lo renda il vero protagonista di una vita degna, dignitosa, addirittura felice.

Dell’importanza dell’autodeterminazione ci parla Marco Rasconi in questo interessante intervento.

A introdurre l’idea di Vita Indipendente nell’ordinamento italiano, è stata la legge 162 del 1998. Si tratta di una legge che negli anni ha visto la successiva possibilità, da parte dei comuni, di proporre e sostenere questo genere di interventi.
Purtroppo, ad oggi, nonostante le iniziative, le commissioni, le linee guida, lo stanziamento dei fondi, quasi nessuno degli interventi chiesti dalle Associazioni consultate, ben consapevoli delle esigenze dei disabili, diventa realtà, a cominciare dalla stessa Convenzione ONU che in Italia è largamente inattuata, come ci conferma Marco Farinelli in questo articolo.

La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità è stata adottata il 13 dicembre 2006 a New York dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ed è entrata in vigore il 3 maggio 2008. Oggi conta 175 Stati e presenta una particolarità: è la prima convenzione internazionale a cui ha aderito l’Unione europea, nonché la prima a trattare nello specifico i diritti delle persone con disabilità.

Con la Legge 3 marzo 2009 n. 18 il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007, che diventa legge dello Stato.
Il 23 dicembre 2010 l’Unione Europea ratifica appunto la Convenzione: trova quindi applicazione anche nei confronti di tutte le persone con disabilità italiane e ne riconosce a pieno titolo lo status di cittadini di questo Paese.
Il 3 marzo 2021 la Commissione Europea adotta la “Strategia europea sulla disabilità 2021-2030”, basata proprio sulla Convenzione Onu di cui sopra, al fine di contrastare la discriminazione ancora esistente in tema di disabilità e affrontare in tutta l’UE, con modalità omogenee, le tante forme di barriere esistenti: fisiche e ideologiche.

Il risultato, ad oggi, è il seguente: le persone con disabilità in Italia sono circa 4,5 milioni cioè il 7,2% della popolazione e sono più povere degli altri cittadini dell’Unione Europea, trovano meno opportunità di lavoro ed hanno possibilità ben più limitate di godere della propria autonomia, eguaglianza e inclusione sociale, nonché di beni e servizi quali l’istruzione, la sanità, i trasporti, gli alloggi e la tecnologia.
Riusciremo a cambiare questa realtà? Noi tutti speriamo di sì.

Marilena Aiello
14-11-2022

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