“… Ecco cos’è tutto il mio stupore
Non è facile guardare in faccia la trasformazione
È il mio corpo che cambia
Nella forma e nel colore
È in trasformazione
È una strana sensazione
In un bagno di sudore
È il mio corpo che cambia
E cambia, e cambia
E cambia, e cambia… “ la ricordate?
Più o meno faceva così una canzone dei Litfiba, un noto gruppo italiano di parecchi anni fa.
Beh, sicuramente nessuno ci ha mai pensato al fatto che una persona con una disabilità, più o meno invadente, deve superare i cambiamenti fisici che fa il proprio corpo.
Ve lo assicuro che non è facile.
Ciò che le persone “normo” pensano è: “vabbè sta seduta che ci fa? “
Per adesso, mi limito a dirvi come ho vissuto io questo cambiamento graduale che é in continua evoluzione.
Sono in carrozzina dal 2005, sono affetta da Atassia di Friedrich una malattia genetica rara neurodegenerativa che mi venne diagnosticata nel 1996.
I cambiamenti che hanno rivoluzionato in maniera totalizzante il mio fisico passando da acciughina “bipete” di 50 kg, un fisico da ballerina con annessi piedi cavi e vitino da vespa, taglia 38/40 e tartaruga. Adesso, ho 41 anni, da “tronista” (non di uomini&donne) sono 58 kg (grazie allo sport e l’alimentazione) la mia tartaruga è i letargo ed i miei piedi cavi mi hanno portato 4 interventi, taglia 42/44 per 1,83cm che seduta non supero 1,32cm.
Mostro sempre fiera le mie gambe, proprio perché per troppi anni ho ritenuto di non aver nessun diritto a farlo.
Ritenevo di essere fisicamente difettosa in un mondo di corpi normo funzionanti. Per troppo tempo ho sofferto della” sindrome del mostro “, non mi sentivo mai adatta, sempre fuori luogo,mai all’altezza.
Avevo paura dei giudizi di ogni genere, tutto perché io sono in carrozzina.
Oggi sono consapevole che la perfezione non esiste, ogni persona è bella a modo suo. So di essere perfetta nelle mie imperfezioni, serena nel mio dolore, forte nelle mie debolezze e bella a modo mio perché sono me stessa e soprattutto sempre coerente, schietta e brutalmente sincera.
Mi piace tantissimo paragonarmi (chi come me) alla metamorfosi che compie un bruco per diventare farfalla.
Già proprio così, il bruco sta nel bozzolo come facciamo tutti quelli che passano la metamorfosi /i cambiamenti fisici e poi, quando si accettano, si scoprono farfalle. La propria autostima ne guadagna, accettare se stessi vuol dire che nessuno è superiore a me e non ho più paura dei giudizi degli.
Sto bene con me stessa, mi impegno nelle mie mille attività e cerco di eccellere per il mio interesse e non per dimostrare qualcosa agli altri.
C’è la canzone nuova di Loredana Berté che mi rispecchia: “… Io sono pazza di me, di me
E voglio gridarlo ancora
Non ho bisogno di chi mi perdona io, faccio da sola, da sola
E sono pazza di me
Sì perché mi sono odiata abbastanza
Prima ti dicono basta sei pazza e poi
Poi ti fanno santa
Io cammino nella giungla
Con gli stivaletti a punta
E ballo sulle vipere
Non mi fa male la coscienza
E mi faccio una carezza perché non riesco a chiederle… “
Vi racconto a seguire due storie di due persone che mi sono molto care.
La prima è la testimonianza del mio collega di NWC Giuseppe Pasqualetto 61 anni nisseno ed ex rappresentante che non ha mai perso se stesso nonostante tutto: “il 13 Ottobre 2009, mentre ero a casa, avverto un anomalo formicolio, non dolore, alla testa ed agli arti superiori. La mia fortuna è stata che mia sorella, con la Sua famiglia, abitava, ed abita, al secondo piano, ed io al quarto piano, di un palazzo di Caltanissetta. Dopo avere telefonato a mia sorella, avvertendola dell’anomalo malessere, viene chiamato il 118 e vengo trasportato, con l’ambulanza, al prontosoccorso del nosocomio della mia città, S. Elia. Per mancanza di posto letto e dopo le prime cure vengo trasferito, in eliambulanza, al reparto rianimazione dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, con l’inesorabile diagnosi emorragia cerebrale ponto-mesencefalica, questo l’ho saputo dopo che sono uscito dal coma, durato, circa, tre mesi. I medici, dell’ospedale Villa Sofia, dicevano, SEMPRE, a mia sorella che, PURTROPPO, non c’era niente più da fare, sul prosieguo della mia vita, infatti mi sono stati comprati le scarpe ed il vestito che dovevo indossare alla mia morte, aggiungo che durante il coma, mi hanno detto, giravano attorno a me diversi becchini che si dovevano impossessare del morto di turno, invece sono rimasti delusi. Il 29 Gennaio 2010 vengo trasferito, sempre in eliambulanza, al centro neurolesi Bonino/Pulejo di Messina, dove sono rimasto ricoverato dal 29 Gennaio al 13 Ottobre 2010, sono entrato in barella e sono uscito con le mie gambe. Questa malattia, nella prima fase, mi è “costata”: 90 gg. di coma, 365 gg. di ricovero, tracheotomia, sindrome di Lyell, 3 estrema unzione, adesso non sto benissimo ma neanche malissimo, NON uso perché sono, quasi, autonomo in tutto, la sedia a rotelle ma uso, qualche volta, il deambulatore quando ho problemi di equilibrio. Però ad oggi sono stato, per mia scelta, ricoverato 810 gg, per riabilitazione, non ho più la patente di guida e non lavoro più. Lo Stato, in tutto questo, NON HA FATTO NIENTE E CONTINUA A NON FARE NIENTE, anzi si oppone come se la malattia me la sono cercata.”
Adesso è la volta della mia cara amica Elisa del Salento, 46 anni e paraplegica dal 2019. “ero in vacanza con amici in Spagna, mi sono lesionata il midollo dopo una caduta in casa. La prima volta che mi sono dimenticata di avere gambe, non le ho più sentite. La mia vita è stata stravolta, ora faccio molto di più di prima ma non riesco ancora a indossare pantaloni corti e jeans aderenti perché ho le gambe secche. La vita, io e il rapporto con gli altri soprattutto con gli uomini è cambiato, prima di tutto guardano la sedia . Viviana é sempre così ma, noi viviamo ugualmente”.
Ognuno di noi ha una grande personalità legata alla propria storia di vita, NON vogliamo fare vittimismo ma forse, fare capire che : GIÀ È DIFFICILE ACCETTARE DI ESSERE DISABILI, DIVENTA UN PROBLEMA /SVANTAGGIO IN UNA SOCIETÀ COME LA NOSTRA BASATA SULL’APPARENZA.
Viviana Giglia