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Pensieri in libertà di Lucio Favaro

Dopo una notte insonne, passata a riflettere su di me, mi ritrovo qui a scrivere questi quattro pensieri in croce

Più le parole escono dalla mia penna, più mi vengono in mente tante altre cose che vorrei dire, ma che sono già note a tutti perchè dette da altri “testimonial”.

Le conoscenze tecniche in materia sono molto limitate per me o altri ammalati di SM, figuriamoci da chi ne ha solo sentito parlare… Faccio fatica infatti a capire come uno si possa sentire così male, debilitato, debole e un altro partecipare alle maratone.

La gente, gli altri, pensano che una carrozzina risolva qualsiasi problema di vita (il vedere “handicappati” in carrozzina che fanno le gare o giocano a pallacanestro aumenta il sentimento di pietà, compatimento, e alleggerisce le coscienze, con sentimenti del tipo “poverino, come si è ridotto.

Però… con quella carrozzina lì è autonomo e può fare tutto”). Ma non tutte le persone che sono in carrozzina sono uguali e vivono le stesse sensazioni. Non si pensa che, per esempio, un ammalato di Sclerosi Multipla probabilmente non ha nemmeno la forza per spingersi con le sole braccia su quella carrozzina.

Perché questa superficialità?

Vogliamo parlare dell’aspetto psicologico? La malattia non intacca solo il corpo ma anche la mente. Io, per esempio, sono mentalmente stanco: arrivo a casa dal lavoro distrutto pur lavorando in ufficio, mi stendo sul divano e prendo il sonno fino a ora di cena; alla sera non riesco a vedere la fine di un film perché devo andare a dormire entro le 22-22,30 altrimenti al mattino sono in coma.

Qualche amico ha scritto in un gruppo di Facebook che siamo come un cellulare che arriva alla sera col 12% di carica: vai a dormire per ricaricarti e ti svegli al mattino che sei al 17% e una giornata di lavoro davanti. Ecco come mi sento.

Un malato di SM deve spendere soldi, e tanti, per tutte quelle cose normali che prima faceva da solo: verniciare la ringhiera di casa, attaccare una mensola, cambiare un rubinetto, sostituire il fornello, devi chiamare qualcuno che ti aiuti o lo faccia per te. Fisicamente sei spento, svuotato.

Una volta ho forato in auto e ho dovuto chiamare un parente perché non riuscivo a cambiare le gomma; se fossi stato lontano avrei dovuto chiamare un carro attrezzi. Nemmeno la pressione delle gomme dell’auto riesco a controllare. Se penso che devo farlo due alla volta perché dopo le ginocchia mollano, mi passa la fantasia di fare una cosa banale ed importantissima.

Malgrado tutto questo, non devo cadere nell’autocompatimento o nell’autocommiserazione. Se lo faccio io, autorizzo chi mi sta vicino a commiserarmi o, peggio, a compatirmi. Questo non lo voglio. Devo lanciare i messaggi positivi di chi ce l’ha fatta a stare meglio, di chi non si arrende, di chi continua a lottare.

Ci sono un sacco di canali dove trovare messaggi e video motivazionali, ed io voglio essere uno di questi. Bisogna aumentare l’autostima, bisogna continuare a lottare, tenere la mente occupata, trovare un’altra cosa da fare, seguire un sogno, sentirsi utili al prossimo, sentirsi vivi.

Ognuno di noi ha qualche argomento dove eccelle rispetto alla media, può essere un’idea cominciare da lì e comunicare positività agli altri, insegnare qualcosa gratis, e imparare da altri. Io, ad un primo impatto, non sembro un tipo che trasmette positività, non sembro solare, non do l’impressione di essere un tipo empatico.

Sembro introverso, uno che affronta la vita e vive le sue situazioni a “muso duro e bareta fraccada” (a muso duro ed incazzato) e alla “tasi e tira” (taci e tira), ma tengo duro e non mollo, ho imparato molto dai miei sbagli e molto ho ancora da imparare.

Prometto che passerà la notte, ed allora avrò più energie, mi farò passare questo momento così. Allora sarò pronto per me e per gli altri.

Ci riuscirò per me e per chi vive con me tutti i giorni.

Lucio Favaro