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Riflessioni e provocazioni di Mario Fantasia

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  • Categoria dell'articolo:M. Fantasia

Il periodo è quello giusto: stiamo lavorando alle nuove proposte che ci vedranno protagonisti quest’anno

Si sa, in questo periodo, in questa fase gestazionale, chi la fa da padrone durante le varie riunioni che ci vedono coinvolti sono le idee, le riflessioni, le frasi buttate lì, casualmente e che se sono valide diventeranno idee, riflessioni, proposte, programmi.
Fedeli al nostro cliché di mettere al centro di ScleroWeb solo e sempre il paziente, l’altro giorno, durante una di queste riunioni, dalla mia bocca è uscita una domanda che può sembrare banale, ma che, a rifletterci bene, non lo è.

Quanti di noi sono stati imbeccati dal proprio medico di base ad indagare più a fondo, agli esordi della malattia, indirizzandoci allo specialista di turno, che, nella fattispecie, è il neurologo?
Chi ha avuto la fortuna di imbattersi in questo tipo di medico tanto geniale, quanto umano ed illuminato?
Ad essere magnanimi diciamo il 10 % della popolazione che ha contratto la SM.

Ok, consideriamo tutte le variabili di questa patologia, la sua imprevedibilità, la vasta gamma dei primi sintomi, ma la mancanza di umiltà da parte di questi medici per noi importantissimi, e la latente ignoranza che governa questo settore della medicina, la fanno da padrone. Sarà un discorso qualunquistico, ma quanti di noi si sono rivolti al nostro medico di base per chiedergli una visita, ed ancor prima di finire di porre la domanda avevamo in mano il foglietto con su scritto il nome del farmaco miracoloso che guarisce dalle emorroidi ai calcoli renali, senza che lui avesse alzato lo sguardo dal blocchetto fatato? Sarà qualunquismo, ma non credo di aver descritto una scena che si verifica tanto raramente.

Passiamo adesso al piano superiore

Siamo di fronte al neurologo, specialista principe di questa patologia. Dopo le diverse risonanze magnetiche, i vari referti, lui decide di “prendere in carico” il paziente.
Ma cosa significa “prendere in carico” il paziente?
Semplicemente significa tenere sotto osservazione tutti i parametri vitali del paziente, ed eventualmente intervenire per cercare di contenere gli effetti dirompenti di questa patologia.
Questo dovrebbe essere fatto mediante la programmazione di un certo numero di visite di controllo.
Prima di proseguire in queste riflessioni, voglio premettere alcune cose, per poter far comprendere appieno queste riflessioni insieme a voi, anche se sono cose che chi è colpito da questa maledizione conosce bene. Repetita iuvant.

Sappiamo benissimo che questa bastarda colpisce persone per lo più adulte giovani, stravolgendo loro totalmente ed irrimediabilmente la vita, in tutti i suoi aspetti: psicologico, sessuale, metabolico, logistico.
Detto ciò noi andiamo dal neurologo, secondo il calendario che lui ci ha fissato per leggere quanto lui stesso ha scritto 3 mesi prima, per controllare qualche lastra, se alziamo la mano, la gamba, i nostri riflessi… e poi?
“Dottore, ultimamente sono ingrassato, a cosa è dovuto?” – Risposta:” È dovuto alla malattia”.
“Dottore, mi sto sentendo giù di corda, perché?” – Risposta:” È la malattia. Lo sa che la trovo leggermente peggiorata? Va bene, ci vediamo fra 3 o 4 mesi con la nuova Risonanza Magnetica, e prenda questo e quest’altro farmaco. Arrivederci.”

Queste sono le domande più frequenti che noi pazienti abbiamo avuto il coraggio di fare al nostro neurologo.
A fronte di queste risposte tanto illuminanti, molto spesso evitiamo di fare altre domande che investono sfere che fanno parte della nostra vita, molto più intime. Tanto conosciamo la risposta:” E’ la malattia”.
E’ questa la tanto decantata presa in carico del paziente? È questa la cura per la salute dell’assistito?
Nella nostra patologia il neurologo È il cardine di tutto il castello terapeutico, e DEVE ESSERE LUI, a fronte di quanto osserva durante la visita, ed in seguito alle nostre sollecitazioni, confessioni ad indirizzarci da un professionista di sua fiducia che ci prenda in cura anche per altri aspetti che ci coinvolgono, e con lui si deve confrontare continuamente sia per quanto riguarda gli ausili farmacologici, che per gli sviluppi complessivi.

È O NON È UNA PATOLOGIA MULTIFATTORIALE, LA NOSTRA?

Lui deve essere il coordinatore, l’allenatore, il capo di questa squadra che cura ogni aspetto di noi, colpiti dalla SM o da qualunque altra patologia neurodegenerativa.
Ma chi sono i componenti di questo Dream Team?
Adesso elenco i primi che mi vengono in testa, partendo dal presupposto che altri “giocatori” si possono aggiungere alla partita:
• Psicologo
• Dietologo
• Fisiatra
• Sessuologo
• Andrologo
• Ginecologo
• Epatologo
• Vascolare

Tutti coordinati dal NEUROLOGO.

Utopia? Se fra tutti questi professionisti ci saranno gelosie, arroganze di qualunque tipo, orgogli da soddisfare, si…sarà utopia, mentre se ognuno di essi lavorerà conscio del fatto di far parte di una squadra, di un Dream Team che vuole combattere quotidianamente l’Olimpiade per la cura della SM, allora sarà il primo mattone per la vera vittoria contro questa maledetta patologia e contro le altre patologie neurodegenerative.

Attenzione però, perché lo stato attuale delle cose è stato anche in buona parte creato e voluto da noi pazienti.
Quanti di noi considerano il proprio neurologo un amico, un confidente al quale lasciare le proprie confidenze, purtroppo anche quelle più intime? Chi ha mai raccontato al proprio neurologo le frustrazioni di un rapporto matrimoniale, o di coppia che si è deteriorato dopo il conclamarsi della malattia? Chi si è mai confidato con il proprio neurologo delle proprie difficoltà in ambito sessuale dopo il peggioramento del proprio quadro clinico?

Se ci sono nostri colleghi che nascondono al proprio neurologo il fatto di essere caduti cinque minuti prima della visita per sentirsi dire quello che loro vogliono che gli sia detto, immaginate quanto sia impossibile che vengano fuori certe “confessioni”. A questo punto chiediamoci perché il livello della visita neurologica è molto superficiale, ma soprattutto non possiamo pretendere molto di più, perché noi non stiamo chiedendo di più.
Sicuramente si è in pochi a fare certe domande, vuoi per una naturale riservatezza che tali argomenti richiedono, vuoi per una forma di orgoglio ferito.

Tutto questo è comprensibilissimo e naturale, ma altrettanto naturale è la fiducia che si deve instaurare fra medico e paziente, per poter dare al nostro “allenatore” tutti gli input che gli servono per attivare il proprio Dream Team ed essere realmente presi in carico.
Come ho detto prima, queste sono le riflessioni banali di un paziente qualunque, ma che devono servire per provocare noi pazienti a chiedere aiuto e creare le condizioni ottimali per essere curati, e per provocare i medici a mettersi in gioco e cominciare a capire che il paziente non è un sistema nervoso, un fegato, ma una persona intera che deve essere aiutata a venire fuori, per quanto è possibile, da un periodo, una situazione difficilissima.

Sinceramente voglio essere smentito, quindi aspetto le vostre risposte, medici e pazienti.

Mario Fantasia