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Sclerosi Multipla. O forse no. di Marilena Aiello

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Inutile negarlo: ognuno di noi ricorda perfettamente il momento in cui ha ricevuto l’infausta diagnosi di sclerosi multipla

Dove eravamo, con chi eravamo, che giorno era, il volto del neurologo e le parole pronunciate. Ci ricordiamo anche il tono e l’espressione del suo viso, delle mani. Una diagnosi come un’altra, per lui. Un crollo, per molti di noi; per pochi altri invece un sollievo rispetto ad altre diagnosi più gravi. Quasi certamente, però, nessuno è stato sottoposto ad esami ed analisi da un’intera équipe medica, come invece sostenuto dal professore Giancarlo Comi in un’intervista rilasciata ad Oggi Scienza (settembre 2016), per scongiurare il rischio di sbagliare la diagnosi ed iniziare una terapia più dannosa che benefica.

Ebbene, nonostante i progressi della medicina, nonostante le tecnologie, nonostante lo scambio mondiale di informazioni tra gli ospedali, i centri di ricerca, le università e gli scienziati, il rischio di una diagnosi errata sussiste ancora ai giorni nostri. Navigando in rete, non è così difficile né raro leggere le storie di pazienti curati per anni (se non per decenni) con terapie per la sclerosi multipla, malattia che invece non esisteva nel loro corpo, ma solo sulla cartella clinica (un esempio: 110 casi negli USA).

Malattia di Lyme

I casi più numerosi riguardano la malattia di Lyme, un’infezione provocata dal batterio Borrelia burgdorferi. Questo batterio si trova negli animali come topi e cervi. Le zecche Ixodes ricinus possono infettarsi con i batteri quando mordono un animale infetto, per poi trasmetterlo ad una persona che può così contrarre la malattia di Lyme.

La geografia di incidenza della SM e quella della malattia di Lyme sono sorprendentemente simili. In Europa se ne contano circa 85.000 casi l’anno. In Italia, le regioni maggiormente interessate sono il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, il Veneto, l’Emilia Romagna, il Trentino Alto Adige (Provincia autonoma di Trento), mentre nelle Regioni centro meridionali e nelle isole le segnalazioni sono sporadiche.

L’infezione colpisce prevalentemente la pelle, le articolazioni, il sistema nervoso e gli organi interni. La puntura della zecca può non essere notata poiché non dolorosa e l’eritema cutaneo può non comparire, ma si sviluppano disturbi neurologici caratterizzati da artralgie migranti, mialgie, meningiti, polineuriti, linfocitoma cutaneo, miocardite e disturbi della conduzione atrio-ventricolare.

I sintomi sono fluttuanti e possono durare per mesi e cronicizzare influendo sul sistema nervoso causando meningite asettica, radicoloneuriti, infiammazione delle radici nervose cervicali, artrite cronica (con difficoltà nel camminare) acufeni e paralisi di Bell. In uno stadio più avanzato, un ristretto numero di pazienti soffre di perdita di memoria e instabilità comportamentale.

Dal momento che gli esami di laboratorio non sono sempre in grado di confermare o escludere in modo definitivo la malattia, la decisione di iniziare il trattamento antibiotico dovrebbe essere presa sulla base della diagnosi clinica e dei dati anamnestici ed epidemiologici.

Ma, se il paziente non ricorda di essere stato punto, se non ha notato l’eritema cutaneo, molti dei sintomi menzionati e la similitudine delle lesioni cerebrali tra la malattia di Lyme e la sclerosi multipla rilevate nella risonanza magnetica, convincono i medici ad escludere la cura antibiotica e antinfiammatoria, preferendo una terapia con interferoni e/o altri farmaci per la SM. L’errore può perpetuarsi per anni confermando la stessa diagnosi all’evidenza dell’evoluzione dei sintomi.

Numerosi ricercatori negli ultimi decenni hanno identificato spirochete Borrelia nel tessuto cerebrale di pazienti con SM durante le autopsie.

Non vorremmo pensarlo, ma dobbiamo dirlo: i trattamenti per la sclerosi multipla sono più redditizi per l’industria farmaceutica e sanitaria di una semplice infezione batterica. L’uso di immunomodulatori in pazienti con diagnosi di sclerosi multipla, ma in realtà affetti dalla malattia di Lyme, è particolarmente preoccupante, perché qualsiasi farmaco che limita la funzione immunitaria può consentire una diffusione incontrollata dell’infezione da Borrelia, rendendola così più difficile da trattare, una volta riconosciuta.

Siringomielia

Altri (pochi) casi riguardano un’affezione neurologica la cui abbreviazione è sempre SM, ma si tratta di SiringoMielia. Con una semplice risonanza magnetica dovrebbe essere difficile, se non impossibile sbagliare una diagnosi, ma è successo ad un anziano signore veneto, curato per 35 anni per sclerosi multipla e che invece avrebbe potuto risolvere (in parte, se non del tutto) i suoi problemi con un intervento chirurgico.

Ad un’altra paziente è stato detto che la cavità siringomielica evidenziata nella RM era probabilmente una placca demielinizzata e i suoi molteplici disturbi erano quindi riconducibili alla sclerosi multipla.

Nella siringomielia una cavità piena di liquido, o “siringa” si sviluppa all’interno del midollo spinale. Questa cavità può aumentare nel tempo, facendo allargare il midollo e stirare i tessuti nervosi inibendo la normale circolazione sanguigna che causa la morte delle stesse cellule del midollo spinale, fino a causare danni permanenti ai nervi ed anche la paralisi.

Si ritiene che la Siringomielia sia la conseguenza, in buona parte dei casi, della Malformazione di Chiari (AC1). Anche se mancano statistiche sicure, si è rilevato che il 30 – 50% dei pazienti con AC1 è affetto anche da Siringomielia. Per altri pazienti si tratta della conseguenza di un trauma del midollo spinale in seguito ad un incidente stradale o ad una caduta, i danni dei quali si evidenziano a distanza di mesi o addirittura di anni dall’evento traumatico.

Può inoltre essere la conseguenza di un tumore o di un restringimento nel canale spinale, dovuto a cause diverse.

La siringomielia era considerata fino a qualche anno fa estremamente rara. La diffusione della RMI ha dimostrato che i casi sono molto più numerosi di quanto si pensasse, anche perché spesso restano asintomatici per tutta la vita.

Sindrome di Lichtheim

Un altro caso che ci sembra interessante è quello di un paziente che, non convinto della prima diagnosi di sclerosi multipla in Sicilia, e nemmeno della seconda in Lombardia, “approda” alla terza diagnosi: sclerosi combinata del midollo spinale, ossia mielosi funicolare.

L’enciclopedia medica italiana ci informa che si tratta di “malattia acquisita del midollo spinale, di genesi carenziale, dismetabolica o tossica, in cui le lesioni sono localizzate in maniera caratteristica ai cordoni posteriori e ai cordoni laterali” e ci rimanda alla Sindrome di Lichtheim: “sindrome cronica caratterizzata in focolai degenerativi localizzati prevalentemente nei cordoni posteriori del midollo spinale dovuta a deficit di vitamina B12.

Si manifesta con atassia, disturbi della scrittura, alterazione della sensibilità superficiale e profonda con abolizione dei riflessi, parestesie, crampi.”
La terapia somministrata al nostro paziente saggiamente “testardo” è stata semplice vitamina B12, prima in dosi più consistenti, poi come cura di mantenimento.

Il deficit da vitamina B12 è inoltre responsabile di depressione, incontinenza, demenza, spasticità, difficoltà a deambulare, psicosi. Il disturbo più comune che accende il campanello d’allarme è il sopraggiungere di un forte senso di stanchezza e di debolezza; l’affaticamento oltre ad essere fisico è soprattutto mentale e si manifesta con perdita di memoria, irascibilità, calo dell’attenzione, disturbi del sonno.

La carenza della vitamina B12 (che contribuisce al metabolismo delle cellule cerebrali) in età infantile può limitare le capacità cognitive del bambino che avrà difficoltà a risolvere i puzzle, a riconoscere le lettere o le figure geometriche complesse e a interpretare le emozioni degli altri.

Conclusioni

Sappiamo che non esiste un unico esame specifico che permetta senza ombra di dubbio di individuare la sclerosi multipla, il neurologo deve quindi saper valutare i vari esami clinici e di laboratorio per poter completare il percorso diagnostico.

A tal fine, sono stati indicati dei parametri in un documento chiamato “Criteri diagnostici di McDonald”, linee guida che permettono di accelerare e rendere più facile e più certa la diagnosi di SM. Questi criteri sono stati stilati la prima volta nel 2001, aggiornati nel 2005 e riveduti e integrati nel 2011.

Ma da allora sono state fatte scoperte a dir poco rivoluzionarie che potrebbero cambiare il punto di partenza, il punto di vista e anche il punto di arrivo del percorso diagnostico. Ci riferiamo alla CCSVI, ovviamente, ma anche al sistema glinfatico che sovverte alcuni capisaldi della neurologia, e quindi delle malattie neurologiche come la sclerosi multipla, l’Alzheimer, il Parkinson, la SLA… per citare le più conosciute.

Che conclusioni trarre da queste ricerche? Possiamo continuare a fidarci degli esami diagnostici e del nostro neurologo? Certamente sì, ma senza mai rinunciare a riflettere, a cercare, a voler capire di più ascoltando il nostro corpo ed i segnali che ne riceviamo, studiando i nostri sintomi, con un orecchio all’istinto di sopravvivenza innato in tutti noi.

Marilena Aiello

Fonti e approfondimenti: