Mi scusi il Principe della risata, Totò per intenderci, per utilizzare una sua famosissima frase che nel corso degli anni è diventata un tormentone
Mi dispiace oltremodo perché la sto utilizzando non per scrivere con ironia su un aspetto non allegro della nostra quotidianità, ma la sto usando come uno sfogo amaro per sottolineare dei comportamenti che sto analizzando da qualche tempo da parte di noi pazienti.
Premetto che non sto giudicando nessuno, perché non sono nessuno per giudicare, ma per farci riflettere nient’altro. Se queste mie riflessioni provocano risposte e commenti costruttivi ben vengano. Io e tutta la Redazione di ScleroWeb saremo a disposizione con gioia di rispondere a chiunque voglia commentare, criticare quanto cercherò di esporre.
In più di un’occasione ho fatto l’analisi delle reazioni più comuni che noi abbiamo da quando ci comunicano la buona novella di esserci caricati sulle spalle questa patologia, si proprio la SM.
Come ho detto in più di un’occasione, al momento della diagnosi, la maggior parte dei pazienti, non conoscendo nulla della patologia, dopo un periodo di totale confusione e profonda paura, si fionda su Internet, cercando di tutto, di più, senza criterio, senza un programma definito. Si fa una cultura “fai da te”, con tutti i pro e tutti i contro di questo tipo di metodologia. A questa fase di confusione e ricerca compulsiva di informazioni, segue la convinzione di sapere tutto, ed il resto è tutto un “sapevo già, quindi è inutile andare a vedere”, per concludere con l’apoteosi di alcuni pazienti (ed ahimè di parenti e purtroppo non pazienti) che arrivano alla convinzione di sapere e conoscere più e meglio degli specialisti, alcuni azzardando addirittura terapie dettate “dall’esperienza di 26 anni di patologia”, o dal fatto che “hanno studiato”…il tutto condito in salsa “social”, tipo Facebook.
Altro aspetto che abbiamo notato, e qui chiamo in causa i medici, è quello dell’informazione settaria: leggo, ascolto, vedo tutto e solo il rimedio che io seguo, o solo quello che dice il mio medico (il resto sono tutte cazzate). Alla faccia della multifattorialità della patologia, e dell’ignoranza su ciò che la causa!!!
Tutte cose ribadite in più di un’occasione, con interlocutori sempre diversi, ed in nessuna di queste occasioni non ho sentito nessuno che abbia contraddetto quanto ho affermato.
Che abbia colto nel segno?
Non smetterò mai di dire che chi vi scrive è anche lui un vostro collega, e un minimo diritto di parola mi è dovuto.
Oggi voglio soffermarmi solo su due aspetti degli atteggiamenti più comuni che abbiamo riscontrato noi di ScleroWeb nella maggior parte dei nostri colleghi.
Il primo è un comportamento al quale abbiamo accennato in più di un’occasione: NOI PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA SIAMO PIGRI.
Metto in conto l’enorme fatica che facciamo per fare qualunque cosa, causata da questa maledizione, ma non posso assolutamente comprendere il fatto di demandare solo ed esclusivamente la nostra informazione ad un social, quale, per esempio, Facebook. Andiamo a fondo nelle ricerche sugli argomenti che ci interessano, clicchiamo sui link o sugli articoli postati su Facebook, leggiamoli, e se non siamo soddisfatti dell’informazione ricevuta, completiamola con nostre ulteriori ricerche, su Google, Yahoo, su qualunque motore di ricerca ci piace.
Non rimaniamo passivi, non limitiamoci a mettere un insignificante “mi piace” sotto al post, o a condividerlo solo perché la foto è bella, ci fa tenerezza o per fare un piacere a chi lo ha pubblicato.
Altro aspetto, diciamo abbastanza curioso, del nostro modo di comportarsi è ricollegabile a quanto scritto prima, ed è risaltato in maniera lampante in questi giorni.
Il terremoto di Amatrice ha scosso tutti noi. Quelle immagini di distruzione provocate dalla natura (lasciamo perdere tutte le palle ecologiste che vedono anche sui terremoti la mano dell’uomo), hanno lasciato dentro ognuno di noi un senso di insicurezza e di paura che ci seguirà fino alla fine dei nostri giorni.
In una discussione fra di noi su cosa fare, come possiamo essere utili, è venuto fuori che, viste le nostre possibilità, potevamo chiedere, a livello governativo, un qualcosa che potesse aiutare dal punto di vista organizzativo chi è deputato a prestare i primi soccorsi in caso di incidenti più o meno gravi, che vanno dall’incendio di un condominio, all’alluvione, al terremoto.
Abbiamo fatto una petizione diretta ai vari Ministeri, Direzioni centrali dei vari dipartimenti interessati affinché creino una mappatura dei vari disabili presenti in ogni comune, per meglio organizzare gli eventuali primi interventi. Badate bene che non abbiamo specificato alcun tipo di disabilità in particolare, ma volutamente li abbiamo inclusi tutti.
Dopo aver creato la petizione, l’abbiamo postata sulla pagina e condivisa. Le condivisioni si sono moltiplicate a macchia d’olio e le notifiche con i vari “mi piace” sono state tantissime, quindi, abbiamo pensato, ci saranno parecchie firme nei primissimi giorni.
Nei primi 20 giorni, a fronte delle notifiche che erano arrivate, avevamo un quinto delle firme.
Che succede? Non abbiamo chiesto soldi. Non abbiamo richiesto aiuti particolari per organizzare questa petizione per un qualcosa che, forse, un giorno, potrebbe servire anche a noi.
ABBIAMO CHIESTO SOLO LA VOSTRA FIRMA
Perché questo disinteressamento, questo menefreghismo?
Abbiamo disturbato la vostra tranquillità di pazienti? Abbiamo interferito con la condizione di “poverino”?
Se per caso abbiamo provocato tali disastri, sappiate che era proprio quello che volevamo, e questo articolo vuole essere il vostro ed il nostro pungolo a non fermarci.
Purtroppo questo è un lusso che non possiamo permetterci, quindi non facciamo come uno dei due amici della canzone di Enzo Jannacci “Se me lo dicevi prima”.
“Eh, eh, eh, ma se me lo dicevi prima
Eh, se me lo dicevi prima
Come prima
Ma sì se me lo dicevi prima
Ma prima quando
Ma prima no
Eh, si prendono dei contatti
Faccio una telefonata al limite faccio un leasing
Se me lo dicevi prima
Ma io ho bisogno adesso, sto male adesso
Ma se me lo dicevi prima ti operavo io
Ma io ho bisogno di lavorare io sto male adesso
Eh sto male e sto bene macché il lavoro e mica il lavoro
Posso mica spedirti un charter
Bisogna saperlo prima che dopo non c’è lavoro, prima, capito
E allora è bello…”
Comportiamoci da uomini, non da caporali, per favore.
Mario Fantasia