Gli anni 2000 saranno ricordati dai nostri discendenti per la solidarietà ad ogni costo
Siamo solidali con quegli immigrati che sono in una terra che non è la loro, ma delinquono più che a casa loro, siamo solidali con chi è venuto qui da noi e che viene mantenuto qui in Italia pur non essendo di alcuna utilità sociale, siamo solidali con le persone tenute in carcere e che sono innocenti, e con i galeotti messi in libertà dai giudici, siamo solidali con gli orfani di Totti, insomma siamo solidali con tutti.
Ma conosciamo il reale significato della parola “solidarietà”?
Il vocabolario della lingua italiana Treccani dà questo significato:
“solidarietà: L’essere solidario o solidale con altri, il condividerne le idee, i propositi e le responsabilità: s. d’intenti; la s. fra i compagni, fra i colleghi; manifestare a qualcuno la propria s.; dichiarare la propria s. con un collega; atto, gesto, manifestazione di solidarietà.
In senso più ampio, su un piano etico e sociale, rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega i singoli componenti di una collettività nel sentimento appunto di questa loro appartenenza a una società medesima e nella coscienza dei comuni interessi e delle comuni finalità: la s. umana; s. di classe, degli appartenenti a una stessa classe sociale; s. nazionale, esistente fra gli appartenenti a una stessa nazione, o anche fra i diversi partiti, pur se di contrastanti ideologie, di una stessa nazione; s. verso i paesi del terzo mondo; una generosa gara di s. per aiutare le popolazioni terremotate.
In particicolare, governo di s. nazionale, sostenuto da partiti diversi e anche ideologicamente contrapposti, ma concordi nell’assumersi solidalmente, in situazioni di eccezionale gravità, la responsabilità di governo; nella seconda metà degli anni ’70 del Novecento l’espressione governo di s. nazionale (o di unità nazionale) ha indicato l’esperimento di collaborazione tra forze governative e Partito Comunista, tentato in Italia allo scopo di fronteggiare la difficile situazione economica e politica.”
Chiaro? La solidarietà è un concetto astratto ma che ha insito un valore alto, importante e ben preciso.
Il secondo passo dovrebbe essere quello di dare fattivamente un “rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega i singoli componenti di una collettività”. Ecco nascere le associazioni. Anche questo è un termine di cui stiamo abusando abbondantemente in questo millennio; ma conosciamo appieno il significato del termine “associazione”?
Rinfreschiamoci la memoria consultando ancora una volta il nostro vocabolario Treccani:
“associazione: Unione di più persone che si propongono di perseguire uno scopo comune: a. artistica, scientifica, sportiva, di beneficenza; a. sindacale, politica. A. religiose, gruppi nei quali il vincolo che unisce i singoli membri ha carattere sacrale, cioè né politico né d’altra natura; in particolare, nella Chiesa cattolica, si distinguono le a. pubbliche, quelle cioè erette dall’autorità competente (Santa Sede, conferenza episcopale, vescovo diocesano) e le a. private, dirette e presiedute dai singoli fedeli. Nel linguaggio giur., a. a (o per) delinquere, reato contro l’ordine pubblico consistente nell’unione di più persone in un vincolo di permanente colleganza, allo scopo di commettere delitti.”
Sottolineiamo il fatto che stiamo parlando di associazioni, non di “società”.
Avremo così Associazioni di diverso tipo, e nel nostro caso, parliamo di associazioni che dovrebbero affiancare i pazienti nel loro percorso di vita, cercando di aiutarli a vivere, per quanto possibile, normalmente.
Le Società, invece, che siano esse lavorative, sportive o di altra natura sono create privatamente da soggetti che investono capitali per l’ottenimento di un risultato.
Per raggiungere gli obiettivi fissati, i soggetti proprietari di queste società ingaggiano, assumono altre persone (i sottoposti) che contribuiscono all’arricchimento reale dell’organizzazione, a fronte di un pagamento per la prestazione d’opera.
Nel nostro caso le associazioni (che generalmente sono no-profit, o onlus), non potendo assumere (per mancanza di capitali), si avvalgono dell’opera dei volontari. Proviamo consultare il nostro Treccani:
“volontario: Con riferimento a persona che accetta una determinata situazione o presta la sua opera di propria volontà: esule v., che si reca in esilio e vi resta di propria volontà; servizio v., milizia v., truppe v., di soldati che si arruolano di propria volontà; assistente v., assistentato v., in istituti universitari.
Chi assume un impegno o si presta a operare, a collaborare, a fare qualcosa di propria volontà, indipendentemente da obblighi e da costrizioni esterne: un v. (una v.) della Croce Rossa, di un’organizzazione assistenziale; il prezioso aiuto prestato dai v. alle popolazioni terremotate; v. del sangue, non com. per datore o donatore di sangue.”
Ora, essere volontario di una delle associazioni che ci gravitano attorno, significa prestare la propria opera (remunerata o no), il proprio tempo libero volontariamente, a prescindere dal tipo di mansione che si va a svolgere. Questo aspetto in certi ambienti, visto che l’aiuto è indirizzato a persone che sono state stonate da una “scorreggia” della fortuna, risulta essere importante soprattutto sotto il profilo psicologico.
Se un’associazione decide di creare un servizio, non si è volontari ad ore alterne, o a seconda della mansione che è stata richiesta, oppure se il compito affidato al volontario piace o no, o se la persona che si cerca di aiutare sta simpatico o no allo stesso volontario.
Se così fosse prego la sezione provinciale di Cremona dell’associazione “CCSVI nella Sclerosi Multipla” di reclutare persone affidabili, serie e con la spina dorsale, invece di circondarsi di pensionati che farebbero meglio ad andare a pascolare nei giardini pubblici della propria città.
Vero, sig. Luciano (volontario presso la sezione provinciale di Cremona dell’Associazione “CCSVI nella Sclerosi Multipla”)?
Mario Fantasia