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Trucco, inganno… No, sperimentazione di Mario Fantasia

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  • Categoria dell'articolo:M. Fantasia

Oggi non sono in vena di favolette, o amenità varie

Oggi vorrei parlare di un argomento che voglio che ci faccia riflettere profondamente, e lo scrivo perché vorrei dare il mio, il nostro contributo alla creazione di un nostro spirito critico.

Vorrei ribadire che le case farmaceutiche non sono delle opere pie di beneficenza e la loro presenza sul mercato è determinata dal fatto che devono creare profitto, anche perché, è bene ricordare, spendono cifre considerevoli per la creazione di nuovi farmaci. Questo però non deve giustificare la mancanza di documenti e di informazioni che discriminano la bontà oppure meno dello stesso farmaco, a scapito degli utenti finali, cioè dei pazienti.

Quindi mi scuso anticipatamente per la lunghezza di questo articolo e, forse, del taglio decisamente divulgativo che ho dovuto assumere, ma vista la serietà dell’argomento, non potevo fare diversamente.

La vita è veramente molto strana: in teoria, a mano a mano che si cresce, il numero delle nostre certezze dovrebbe aumentare, invece succede il contrario. Prendiamo l’esempio delle pillole. Le nostre mamme ci hanno insegnato che, per qualunque malanno, anche il più stupido, esisteva la pillolina magica che “aggiustava tutto”.

Il tempo è passato, siamo cresciuti, e tale fiducia nella pillolina miracolosa è sempre più diminuita, a maggior ragione dopo che qualcuno di noi, dei nostri amici, si è imbattuto in avventure delle quali non si conosce la causa, né tantomeno il rimedio. Alla faccia di pilloline, punturine, suppostine.

A conti fatti ci è rimasta, però, la certezza, la convinzione che tutto quello che ci prescrive il nostro dottore, figurati quello che dà lo specialista, è “tutto ‘bbono”.

Ma… sarà poi così vero?

Mi sono posto una semplice domanda: quando si produce un qualcosa, tecnico o non, e lo si lancia sul mercato, vengono fatte delle prove, degli studi che attestano l’efficienza e la sicurezza di quel prodotto. Avviene questo anche per le nostre pilloline, punturine, suppostine?

Qualche mese fa è stata pubblicata un’inchiesta della CBS Canadese sulle varie case farmaceutiche che metteva in relazione gli studi, le sperimentazioni dichiarate, portate a termine sui vari farmaci commercializzati, confrontandole con quelle iniziate, sempre sugli stessi farmaci, dichiarate, ma non portate a termine con risultati non pubblicati.

Prima di proseguire nell’esame sommario dei risultati di questa nostra semplice analisi, cerchiamo di fissare i paletti di come dovrebbe essere la sperimentazione di un nuovo farmaco.

Per poter compiutamente e in maniera sintetica definire questi step ci è venuto in aiuto il sito dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) che così riporta (http://www.agenziafarmaco.gov.it/content/come-nasce-un-farmaco):

“Un farmaco è una sostanza o un’associazione di sostanze impiegata per curare o prevenire una specifica malattia.
Ma come si valuta se un medicinale è davvero efficace e, soprattutto, non arreca danni alla salute?

Per comprendere le sue proprietà, quantificare il rapporto tra gli eventuali rischi e i benefici che se ne traggono dalla sua assunzione, la molecola chimica che aspira a diventare un farmaco è sottoposta a una lunga serie di studi, condotti prima in laboratorio e su animali e poi sull’uomo.

Queste ricerche, la cui durata oscilla in genere tra i sette e i dieci anni, sono a carico del “proprietario” del farmaco (il più delle volte un’industria farmaceutica) e si articolano in diverse fasi: studi “in vitro” e “in vivo” sugli animali (sperimentazione preclinica) e studi cosiddetti di fase 1, di fase 2 e di fase 3 eseguiti sull’uomo (sperimentazione clinica).”

Per chiarire ancora di più i termini cercherò di essere più semplice.

Def.faseOperazione
“in vitro”Fase da sviluppare in laboratorio durante la quale viene fissato il principio attivoFASE PRECLINICA
“in vivo”Sugli animaliSperimentazione del principio attivo fissato “in vitro” su cavie animali
Fase 1Sperimentazione del principio attivo effettuata sull’uomo per valutare la sicurezza e la tollerabilitàFASE CLINICA
Fase 2Viene, a questo punto valutato l’effetto terapeutico del futuro farmaco, cioè si valuta il potere curativo del farmaco
Fase 3Si valuta l’efficacia del farmaco in termini di qualità di vita e mortalità.

Sulla base di questa classificazione abbiamo affrontato il nostro studio sommario, tenendo presente che un farmaco, prima di essere messo in commercio deve superare tutte queste 5 fasi che devono essere obbligatoriamente documentate. Se così fosse potremmo dormire fra quattro guanciali.

Ma è sempre e proprio così?

Per rispondere a questa semplice domanda, siamo partiti, come detto prima, da quanto ha pubblicato la CBS Canadese, supportato da quanto è riportato nel link: https://trialstracker.ebmdatalab.net (Built by Anna Powell-Smith and Ben Goldacre at the Evidence-Based Medicine Data Lab, University of Oxford.)

Quanto afferma uno degli autori di questa ricerca allunga qualche ombra su questo mondo ricco e… asettico.

Ecco le sue parole:
“E ben documentato che trialists accademici di routine non riescono a condividere i risultati”, dice Ben Goldacre, che faceva parte del gruppo di ricerca dell’Università di Oxford che ha sviluppato TrialsTracker. “Spesso si pensa che un risultato ‘negativo’ è poco interessante – quando, in realtà, è estremamente utile.”

Questa introduzione esalta il mio spirito critico, vista la mia natura di vecchio ingegnere borbottone.

Detto ciò, sono partito da uno studio molto più vasto effettuato da Trials Tracker, che ha analizzato le pubblicazioni di 291 centri di ricerca sparsi un po’ in tutto il mondo, in un lasso di tempo che va dal 2006 al 2014, e che riportiamo nel grafico sotto riportato. Nel grafico sono state evidenziate due zone una rossa ed una blu, che rappresentano rispettivamente le sperimentazioni che non sono state completate, e quelle arrivate a conclusione.

Forse l’abbiamo presa un po’ troppo alla larga, visto che nella figura precedente sono rappresentati una gran parte degli studi su una vasta gamma di farmaci, dai generici, a quelli ad uso specialistico.

A tal proposito, la nostra attenzione si è concentrata sulle tre aziende che producono il più alto numero di farmaci palliativi sulla Sclerosi Multipla, e che conosciamo bene:

  • la SANOFI AVENTIS produttrice del Copaxone
  • la NOVARTIS produttrice del Fingolimod
  • la BIOGEN produttrice del Tisabry

ed abbiamo estrapolato dai dati riportati nei records di Trials Tracker quelli di queste aziende.

Nell’arco di tempo preso in considerazione dall’istituto di ricerca autore dello studio, e cioè dal 2006 al 2014, queste tre aziende hanno portato avanti queste sperimentazioni su tutti i loro tipi di farmaci:

SANOFI AVENTIS435
BIOGEN (*)62
NOVARTIS534
(*) La Biogen produce farmaci solo per la Sclerosi Multipla.

Vediamo, adesso, in che percentuali questi trials non hanno completato l’iter riportato nella tabella riportata in precedenza.

Sul numero sperimentazioni queste case non hanno concluso il percorso nelle seguenti percentuali:

SANOFI AVENTIS65,5 %
BIOGEN70,9 %
NOVARTIS37,6 %

Non c’è che dire: belle cifre.

Adesso la curiosità è massima se vado a vedere i risultati di queste tre aziende nel comparto Sclerosi Multipla. Per completare questo ramo di ricerca abbiamo sfruttato le pagine del sito governativo americano www.clinicaltrials.gov

Nel periodo in esame, che ripetiamo essere dal 2006 al 2014, queste aziende hanno effettuato le seguenti sperimentazioni:

SANOFI AVENTIS17
BIOGEN62
NOVARTIS14

Allo stesso modo di come abbiamo fatto in precedenza, prendendo per buoni i dati del sito www.clinicaltrials.gov abbiamo che di queste 3 aziende non sono completi i risultati, rispettivamente, di questo numero di sperimentazioni:

SANOFI AVENTIS9
BIOGEN44
NOVARTIS7

Rappresentiamo graficamente il tutto come segue:

Sottolineo che non si sta dando un giudizio di bontà sui farmaci, ma si sta solamente analizzando il grado di completezza delle informazioni che devono essere poi essere trasmesse ai medici e ai pazienti.

Per completare l’analisi, per curiosità, si sono spulciate le situazioni in due università canadesi ben precise: la British Columbia e la Universty of Saskatchewan, e i risultati lasciano alquanto interdetti.

Siamo andati a vedere quanti studi, trial sono sta avviati nel campo della SM, e nello studio della CCSVI da parte di queste due università.

RISULTATI? 0

Quindi la domanda sorge spontanea:

sulla base di quali studi, i professori di queste due università, che, per diritto di cronaca è giusto ricordare, si sono espressi con una sicurezza al centesimo di millimetro (negativamente) sulla teoria del prof. Zamboni, nel lontano 2012 ?

Ricordiamo i nostri eroi universitari:

Prof. Traboulsee,
Prof. Machan,
Prof. Zhao,
Prof. Yee,
Prof. Rauscher,
Prof. Klass,
Prof. Otani,
Prof. Li,
Prof. Sadovnick,

ed inoltre:
Prof. Knox,
Prof. Szkup,
Prof. Kopriva,
Prof. Lala.

Mah… misteri ultraterreni.

Quindi esortiamo chi ci legge ad essere meno superficiali e partigiani sul fronte farmaci. Informiamoci, chiediamo, rompiamo le scatole a chi, con molta, tanta superficialità ci prescrive pozioni magiche, farmaci rivoluzionari.

La loro superficialità e la nostra ignoranza sono la forza e la benzina della macchina da guerra farmaceutica.

Mario Fantasia