Chiunque sia stato discriminato, anche una sola volta nella vita, dovrebbe sapere che cosa significa discriminare
Dovrebbe ricordare che cosa ha subito e che pensieri ha avuto, il senso di impotenza e solitudine, la voglia di diventare invisibile e i sentimenti di frustrazione, rabbia, insicurezza, paura, rancore.
Dovrebbe ricordare chi l’ha discriminato e come è stato facile, per il discriminatore, trovare complici e creare un branco da aizzare e scagliare ad ogni occasione contro la vittima designata.
Dovrebbe ricordare l’isolamento e l’abbandono da parte di chi, per non essere considerato un perdente o un nemico, preferiva stare col branco, anche a torto, anche contro ogni ragione e contro ogni evidenza.
Dovrebbe ricordare anche che cosa ha sperato, per se stesso e per ogni componente del branco, adulti compresi, professori compresi.
Dovrebbe essere consapevole di come e quanto quell’esperienza lo abbia segnato e abbia influenzato le conoscenze e le amicizie, le scelte di vita e di lavoro. E chissà se questi condizionamenti agiscano anche adesso, a livello più o meno inconscio, dopo anni o decenni.
Chi è stato discriminato, almeno una volta nella vita, dovrebbe insorgere contro ogni forma di discriminazione per l’esperienza che ha vissuto, con il proprio coraggio, con le parole, con le azioni, con il sostegno morale e con la presenza.
Sempre più spesso ci vantiamo delle politiche, intenzionali o reali, efficaci o meno, di integrazione e tolleranza, di accoglienza e inclusione. Ma siamo sicuri di esserci veramente evoluti al punto di saper vivere in una società come quella della Federazione Unita dei Pianeti di Star Trek? La risposta è semplice: no. Lo vediamo, purtroppo, ogni giorno: la tentazione di discriminare qualcuno è sempre presente e per alcune persone è una tentazione irresistibile.
Più si è insicuri e più si ha la necessità di avere il controllo su chi consideriamo “altro” da noi e quindi diverso da noi. E allora nasce l’esigenza di definire, catalogare, inscatolare, emarginare le persone per etichettarle in modo che tutti possano riconoscerle subito. Non elencherò quei nomi, sia i discriminati che i discriminatori li conoscono bene. Nomi e nomignoli usati per indicare le differenze fisiche, le scelte politiche, le inclinazioni sessuali, le disabilità congenite o acquisite, le convinzioni religiose, le onte familiari, le disgrazie subite e le malattie in corso o già superate.
Riflettete su ciò che sta accadendo oggi sotto lo sguardo, preoccupato o indifferente, di tutti noi: stiamo permettendo che si creino nuove pericolose discriminazioni tra chi ha scelto di partecipare alla vaccinazione di massa e chi invece nutre ancora legittimi dubbi o è determinato a non accettare i rischi innegabili di un siero del quale non si conoscono gli effetti a lungo termine, o semplicemente non può sottoporsi alla vaccinazione per motivi di salute.
La mia preoccupazione riguarda soprattutto i più giovani e i bambini. Gli adulti sono in grado di scegliere come comportarsi, o almeno si spera sia così, e conoscono o possono intuire le conseguenze dei loro atteggiamenti nei confronti di chi è vaccinato o non vaccinato.
I giovani e i bambini, invece, rischiano di lasciarsi condizionare dall’influencer di turno e non perché non abbiano la capacità o la maturità di discernere il male dal bene, ma perché l’attrazione del gruppo dominante è spesso più forte di ogni parola sensata e di ogni sospiro della propria coscienza.
L’idea malvagia di obbligare gli alunni di una stessa classe ad indossare la mascherina se anche soltanto uno degli allievi non è vaccinato, apre scenari facilmente immaginabili. Oltre a violare ogni privacy poiché tutti saprebbero chi è vaccinato e chi no, è prevedibile che i vaccinati creino un gruppo che emargini i non vaccinati, colpevoli di limitare tutta la classe. Vi posso anticipare che i professori si schiereranno con i vaccinati e quindi gli alunni che non hanno potuto ancora vaccinarsi o preferiscono non farlo (ricordiamo che non è obbligatorio) subiranno pressioni insopportabili anche per un adulto, figuriamoci per un bambino.
Qui non intendiamo approfondire la questione dei vaccini contro il Covid19, ognuno è libero di fare la scelta migliore per sé stesso o quella che ritiene più opportuna. Vorrei soltanto che, prima di posizionarvi pro o contro chiunque faccia una scelta diversa dalla vostra, pensiate a difendere i vostri figli e i figli degli altri dal pericolo di essere discriminati o, peggio, di diventare discriminatori. Una vittima potrà forse trovare chi lo conforterà e potrà guarire dalle ferite del corpo e dell’anima. Un colpevole troverà solo complici e cercherà sempre di giustificare le proprie azioni accusando chi non lo avrà fermato, chi non lo ha salvato dalla sua insicurezza, dalle sue paure, dalla sua stessa violenza.
Marilena Aiello
Live long and prosper
